Quello che sta per arrivare sarà un Natale all’insegna del risparmio. Ma ad una cosa di sicuro gli italiani non vorranno rinunciare: agli addobbi casalinghi. Che sia il presepe o che sia l’albero, un po’ tutti in questi giorni hanno creato l’inconfondibile atmosfera delle feste, con tanto di luci (poche visto l’aumento delle bollette) e colori. Ma come la mettiamo con l’ambiente? Se il presepe poco si presta a discussioni ecologistiche, da qualche anno ormai l’abete di Natale è al centro delle discussioni. Cosa è meglio scegliere? Una pianta vera o una artificiale? Quale delle due ha un minor impatto ambientale? Di primo acchito verrebbe da rispondere che l’albero artificiale è sicuramente più ecologico, perché non presuppone l’abbattimento o l’estirpo di una pianta. Ma sarà davvero così? Non ci resta che andare a valutare i pro e i contro. Gli alberi finti sono fatti in plastica come Pvc, difficile se non impossibile da riciclare, o poli-etilene o altri derivati del petrolio. Considerato che buona parte di essi sono realizzati in oriente, per farli arrivare nelle nostre case, percorrono tragitti molto lunghi e si sa che i trasporti impattano non poco sull’ambiente. Sebbene possano apparire “immortali”, molto spesso dopo qualche anno iniziano a perdere colore e struttura e quindi vanno gettati. Gli abeti naturali, molto spesso durano un solo inverno e non parliamo soltanto degli alberi abbattuti, ma anche di quelli che vengono venduti in vaso e ipoteticamente “perenni”.
Fatte le dovute eccezioni, buona parte di essi arrivano da vivai specializzati e quindi non sono di origine selvatica. Banalizzando questi alberelli possono essere paragonati a qualunque altra pianta ornamentale o alimentare, che viene allevata per essere “raccolta”. Cosa succede al momento dello smaltimento di un albero di Natale a “fine carriera”? Lo smaltimento produce gas serra in entrambi i casi. Uno studio realizzato da The Carbon Trust prendendo come esempio un albero di due metri di altezza, ha rilevato come quello vero, se buttato tra i rifiuti, in termini di emissioni ha un impatto che equivale a meno della metà di uno artificiale. Se si procede al compostaggio, l’impatto è un decimo rispetto a quello artificiale. Che fare? Chi ha in casa un albero artificiale, può cercare di mantenerlo in vita il più a lungo possibile (almeno 30 anni). Se, invece, si tratta di procedere ad un nuovo acquisto gli ecologisti consigliano un albero prodotto da un’azienda vivaistica a “chilometro zero” e “bio”, ossia prodotto secondo il disciplinare dell’agricoltura biologica, che non fa ricorso a fertilizzanti chimici e pesticidi di sintesi. L’ideale è optare per piante dotate di marchi di certificazione ambientale, tra cui il Forest Stewardship Council e il Pan European Forest Certification, che garantiscono il rispetto di norme e prescrizioni di coltivazione ambientalmente sostenibili. Forse costeranno un po’ di più, ma ci faranno sentire in pace con il pianeta.