Salone del Vino: buona la prima con qualche peccato di gioventù

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C’era molta curiosità intorno a questa manifestazione. Il Salone del Vino di Torino, dopo anni di assenza e ritornato a far parlare di se, con un nuovo progetto, molti diverso da quello che andava in scena ad inizio millennio. Da quella che era una fiera sulla falsariga del Vinitaly, ospitata nel grande centro espositivo del Lingotto, si è passati ad un qualcosa di più intimo. Un evento meno orientato agli operatori, ma più allettante per gli eno appassionati. Un salone “diffuso” quello che si è svolto dal 4 al 6 marzo, ospitato in location affascinanti, ma non specificamente ideate per le degustazioni. Così da un lato si è rimasti a bocca aperta, nel vedere i banchi di assaggio collocati nelle grandi sale del Museo del Risorgimento ricche di quadri e affreschi, oppure disorientati nello scoprire gli spazi della Cavallerizza Reale e di Palazzo Birago, sede della Camera di Commercio di Torino, coorganizzatrice dell’appuntamento. Due giorni sono stati dedicati alla gente comune, che dietro il pagamento di un biglietto di ingresso e l’acquisto dei “token” (gettoni di plastica gialla), hanno potuto incontrare alcune aziende del Piemonte enoico e degustare i loro vini. Terminato il weekend, nella giornata di lunedì, invece, c’è stato spazio per gli operatori di settore. Sul fronte degli ingressi, sabato è andato completamente sold out ed anche la domenica ha visto una massiccia presenza di visitatori. L’organizzazione parla di 13mila visitatori.

 

Abbiamo chiesto un parere ad alcuni espositori, che ci hanno confidato che l’afflusso è stato fin troppo massiccio, con alcuni momenti in cui la ressa impediva di poter seguire i clienti. Certamente questo salone ha avuto successo, ma ha evidenziato qualche peccato di gioventù. Probabilmente l’organizzazione ha ricevuto molto tardi il via libera all’utilizzo del Museo del Risorgimento e questo fatto, ha rallentanto anche tutto l’aspetto logistico. Tra le lamentele sussurrate dalle aziende, le basse temperature nei locali, la confusione nell’individuare chi aveva degustazioni illimitate e chi invece doveva “pagare” con i token. Il nostro giudizio da visitatori è tutto sommato positivo, anche se qualche appunto ci sentiremmo di muoverlo. Non era, per esempio, ben chiara la ratio con cui sono state suddivise le aziende, mentre sul fronte delle degustazioni, ci hanno lasciato qualche perplessità la scarsa illuminazione e il colore delle tovaglie (blu notte). Chi deve eseguire un’analisi sensoriale, parte proprio dagli occhi, ma in questa situazione tutto era molto complicato. Detto questo c’è tempo per migliorare: per l’edizione 2024, che si svolgerà a partire dal 28 febbraio.

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