Il Barolo conquista lo spazio, nella Stazione orbitante si prova a coltivare la vite in assenza di gravità

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La vite alla conquista dello spazio. Già avete letto bene. Da qualche anno, ormai, sono iniziati alcuni esperimenti a bordo della stazione spaziale internazionale, che coinvolgono sia le piante di vite, sia i vini. Nel primo caso gli esperimenti si concentrano sulla risposta delle piante all’assenza di gravità. Nel secondo, invece, sono proprio gli astronauti i destinatari della sperimentazione, perché devono valutare l’aspetto nutrizionale del “nettare di Bacco”. Ma andiamo con ordine. Il primo esperimento in ordine di tempo, si è concluso da qualche mese. A gennaio, infatti, il “piccolo vigneto” coltivato a bordo dell’Iss è stato espiantato e riportato a terra, dopo 438 giorni e 19 ore in orbita. Da quel momento sono iniziate le analisi per valutare i cambiamenti che hanno subito queste piante e dalle prime indiscrezioni parrebbe che si sia sviluppata una maggiore resistenza ai cambiamenti climatici. Questa sperimentazione rientra nella cosiddetta “Mission Wise”, il primo programma di ricerca guidato da privati che sfrutta la microgravità nel tentativo di migliorare il futuro dell’agricoltura sulla terra. Nello specifico la ricerca è stata sviluppata dalla società privata europea”Space Cargo Unlimited”. Tra le altre indicazioni emerse ci sono aspetti anche di tipo fitopatologico. Infatti le piante hanno rivelato una maggiore resistenza alla peronospora e alla fillossera, nonché cambiamenti nel contenuto di polifenoli, cambiamenti nei tassi di crescita e cambiamenti nei batteri e nei funghi associati alle piante. Cosa succederà ora? I tralci “extra terrestri” sono stati innestati e presto (se sarà confermata la loro vitalità) inizieranno a produrre uva. Se tutto andrà bene la prima vendemmia “spaziale” si terrà nel 2023. Passiamo al secondo esperimento, che ci riguarda molto da vicino. L’Agenzia spaziale, infatti, ha avviato un progetto legato al tema della nutrizione degli astronauti ma anche alla possibilità di produrre piante e cibo in assenza di gravità. Per eseguire questi test, si è avvalsa della collaborazione della Fondazione italiana sommelier, che ha donato all’Aso barbatelle di Nebbiolo, Sangiovese e Aglianico per una sperimentazione nella stazione spaziale internazionale. La donazione rappresentative del Nord, Centro e Sud del territorio italiano è avvenuta durante il Forum della cultura del vino. Oltre alle barbatelle, partiranno per lo spazio anche sei bottiglie di vino di due differenti annate. Tra queste c’è anche il Barolo “Sperss” 1988 e 2017, prodotto da Angelo Gaja. Per ciascuna annata di vino in bottiglia in orbita sulla Stazione Spaziale internazionale sarà studiata la sua conservazione sperimentale a 400 km di altezza a una velocità al suolo di oltre 28mila chilometri all’ora. «Il progetto di sperimentazione sul vino – ha commentato il presidente dell’agenzia spaziale italiana Giorgio Saccoccia – rientra nel filone della nutrizione degli astronauti, per la produzione di cibo e l’ottenimento di risultati scientifici utili. Sarebbe bello bere un calice di vino nello spazio, prodotto in orbita». Chissà che non sia proprio Samantha Cristoforetti, la prima a brindare con il Barolo di Gaja nel corso della missione spaziale che la vede come comandante?

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