Lo scempio ambientale del rio Baracco: pulire gli alvei non significa disboscamento selvaggio

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Le immagini che testimoniano la devastazione compiuta lungo il rio Baracco la scorsa settimana. Ora resta una brulla cicatrice al posto di un’oasi di verde

ALBA – Il Rio Baracco nasce sul versante ovest della collina di Diano d’Alba e scorre verso ovest addentrandosi nel territorio di Grinzane per poi convergere nel torrente Talloria. La sua lunghezza non supera i 10 Km. Eppure, sulle sue sponde, col tempo è cresciuta molta vegetazione, in parte autoctona, in parte antropica, una cosiddetta fascia tampone.

Le fasce tampone vegetate sono particolari fasce di vegetazione riparia (arborea, arbustiva o erbacea) che possono essere presenti naturalmente lungo i corsi d’acqua. Rappresentano zone di separazione tra gli ecosistemi terrestri e quelli acquatici. Aumentano la scabrezza della superficie del suolo, rallentano i flussi superficiali ricchi di sedimenti e favoriscono l’infiltrazione e la permanenza dell’acqua nel terreno. Possono anche funzionare come filtri naturali, in quanto contribuiscono a ridurre l’apporto di sostanze inquinanti nelle acque superficiali e sotterranee. Rivestono pertanto un ruolo fondamentale sugli ecosistemi acquatici e nella conservazione del suolo. È notorio infatti che la vegetazione lungo le sponde evita durante le piene i crolli delle stesse con allargamento abnorme degli alvei e il conseguente franamento. Per evitare pericolosi fenomeni alluvionali occorre procedere periodicamente nella pulizia degli alvei per eliminare le piante morte e i depositi di materiale lungo gli alvei, specie presso le anse e i ponti. Pulire gli alvei è però una cosa molto diversa dal disboscamento selvaggio che rade completamente al suolo ogni tipo di vegetazione lungo le sponde. Purtroppo è quanto è stato compiuto lungo le sponde del Rio Baracco, con un progetto congiunto dei comuni di Alba e Grinzane Cavour.

Senza alberi le sponde franano

Dove prima c’erano ambienti per miniecosistemi naturali (gag­gìe, querce tartufigene, salici, anatre, rane, ghiri, scoiattoli, in parole povere biodiversità, è rimasta una brulla cicatrice più simile alla monument valley che ad una zona naturale delle Langhe targate Unesco. Invece di agire con oculatezza e operare per la pulizia degli alvei si è preferito fare tabula rasa. In particolare, in breve tempo, nella giornata di lunedì 15 febbraio, è stata distrutta un’estesa area del Rio Baracco situata lungo una strada privata sterrata, senza preoccuparsi di avvertire i proprietari, devastando la strada stessa in periodo di disgelo con mezzi pesanti e occupando spazi privati. Il tutto a pochi metri dalle abitazioni. Un vero e proprio blitz, senza rispetto per nulla e per nessuno. Se qualcuno entrasse di sorpresa in un cortile altrui e si mettesse a tagliare e scavare, come sarebbe considerato? E’ pur vero che il Magistrato del Po ha deliberato di disboscare fino a 5 metri dalle sponde dei fiumi. Ma con che criterio? Un conto è il Po, un altro il rio Baracco, che non è certo il Rio delle Amazzoni. Va bene pulire il fondo e togliere arbusti e piante pericolanti, ma quelle solide che sorreggono le sponde sono da preservare a tutti i costi, sotto diversi punti di vista: paesaggistico, naturale, preservativo, tartufigeno. Come definire chi ha ordito questo scempio? E per fortuna pare che i finanziamenti pagati dai contribuenti siamo finiti. Un’azione simile era stata stata effettuata una decina di anni fa sullo stesso Rio Baracco, meno di un centinaio di metri più a monte. Disboscate completamente le sponde, dopo le prime piogge l’intera collina cominciò a franare, fino a formare una vera è propria voragine al posto dell’esistente strada. L’uomo è uno strano animale: non impara nulla dagli errori altrui.

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