Il rispetto che si insegna a scuola

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Iqbal Masih è un bambino pakistano, presumibilmente mussulmano, che a soli 12 anni morì lavorando. A lui l’Istituto comprensivo di Pioltello ha intitolato la scuola.

 

Si tratta di un plesso che annovera classi della primaria e della secondaria di primo grado, in una zona multiculturale dell’hinterland milanese. In questi giorni la dirigente ed il Consiglio di Istituto sono saliti sul banco degli imputati per aver deliberato la chiusura della scuola nella giornata del 10 aprile, quando il mondo mussulmano celebrerà la fine del Ramadan.

Partendo dal presupposto che la scuola dovrebbe essere un luogo laico, dove vengono rispettate (e se possibile spiegate) le fedi religiose, senza che una prevarichi sull’altra, ci ritroviamo a parlare di un qualcosa che mai si era visto prima d’ora: un’istituzione didattica che decide di onorare un’altra religione, istituendo un giorno di vacanza.

In molti hanno gridato allo scandalo, magari senza indagare in quale contesto è stata presa questa decisione. Stiamo parlando di un istituto dove la maggioranza degli allievi è di fede mussulmana e, forse proprio per garantire una sorta di integrazione, è arrivata questa proposta del tutto lecita, perché non va a cancellare i diritti dei cattolici (visto che le vacanze di Natale o Pasqua sono state regolarmente fatte), ma ha introdotto un giorno di pausa per consentire alla maggioranza degli allievi, di poter festeggiare, senza dover ricorrere ad un’assenza da giustificare.

Tutto questo è stato deliberato nell’ambito della normativa, che sancisce come le istituzioni scolastiche nell’ambito della propria autonomia, possono sulla base del calendario scolastico della propria Regione, deliberare di individuare altri giorni di sospensione delle attività didattiche garantendo, comunque, l’effettuazione di almeno 200 giorni di lezione. Insomma non griderei allo scandalo, ma piuttosto sottolineerei, il tentativo di perseguire un percorso di integrazione. Sono certo che tra chi sta leggendo questo articoletto ci sarà qualcuno che ribatterà: «Nei paesi arabi, tutto questo non avverrebbe, visto che i cristiani sono perseguitati», a loro rispondo che forse il rispetto reciproco può arrivare anche attraverso piccoli gesti, come questo.

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