AGRICOLTURA –  L’esteso divieto di bruciare ramaglie provoca danni al settore primario

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Spett.le redazione,

ho letto su un mensile che tratta di agricoltura l’intervista rilasciata dall’assessore regionale all’Ambiente Alberto Valmaggia circa il provvedimento votato all’unanimità dal Consiglio regionale del Piemonte, che – dal 1º novembre al 31 marzo – vieta l’uso del fuoco per distruggere i componenti secchi, foglie, erba e ramaglie, in agricoltura.

L’estensore dell’articolo evidenzia la preoccupazione di noi agricoltori e amministratori locali i cui territori sono costituiti da boschi e castagneti da frutto e non facendo alcuno al settore corilicolo.

A onore della cronaca, la regione piemontese conta oramai oltre 20 mila ettari di noccioleti,  circa la metà dei quali in età adulta, piante che necessitano di potature, sia di produzione che di risanamento in quanto sussistono patologie tipo agrilo e citospora, per le quali gli organismi scientifici preposti raccomandano la rimozione delle branche colpite e la distruzione tramite il fuoco, unico rimedio sicuro per contenere l’infezione. È da tenere presente che i cinque mesi individuati nel provvedimento sono quelli più idonei per la potatura e la distruzione della risulta, sia perché la stagione invernale è normalmente più umida e quindi più idonea a controllare e a contenere il fuoco, sia perché il mese di marzo i noccioleti devono essere liberati dai residui di potatura, iniziano le prime lavorazioni, la concimazione in primo luogo.

Quindi, tenuto presente quanto sopra, ho i miei dubbi che i signori consiglieri e assessori della Regione si siano resi conto di quale incombenza hanno procurato al settore. E mi chiedo anche se può essere paragonabile l’inquinamento che produce una città come Torino, ad esempio, con le decine di migliaia di comignoli che liberano nell’aria i gas derivanti dalla combustione, con le centinaia di migliaia di automezzi, alcuni dei quali con scappamenti di quindici centimetri di diametro, che percorrono giornalmente le strade, ai pochi fuocherelli che vengono accesi in aperta campagna, allo scopo di distruggere in modo antico quanto il mondo le ramaglie che derivano dalle potature.

Il nostro lavoro è già abbastanza impegnativo e complicato, avendo a che fare con i capricci del clima, con la burocrazia, con gli ungulati, vera e propria calamità, ora anche la Pubblica Amministrazione non ci dimostra la dovuta sensibilità.

Visto che noi agricoltori singolarmente non contiamo niente, visto che le organizzazioni non riescono a farci ottenere la giusta considerazione, cosa dobbiamo fare? Dobbiamo comprarci anche noi un gilet giallo?

Giuseppe Robaldo,

Cravanzana

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