Tutto aumenta, ma gli agricoltori vendono sempre allo stesso prezzo

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Secondo i dati Istat, elaborati dalla Cia Agricoltori Italiani nazionale, a gennaio 2022 l’inflazione è cresciuta del 4,8% su base annua: una soglia che non veniva toccata dal 1996. I prezzi dei beni alimentari sono lievitati al 3,8% rispetto allo stesso periodo di un anno fa, trascinati dai rincari enormi di acqua, elettricità, combustibili e dei trasporti. L’effetto immediato sui cittadini e sulle imprese in generale è stato drammatico e preoccupante. Così come sulle aziende agricole che hanno anche dovuto fare i conti con l’aumento esponenziale, dal 50 a oltre il 100%, delle materie prime: i prodotti fitosanitari; i concimi; le semine; l’alimentazione del bestiame; le macchine operatrici e i loro pezzi di ricambio. I costi di produzione per gli agricoltori sono saliti alle stelle, con il rischio di compromettere produzioni importanti. E mettendo a repentaglio l’intera catena agroalimentare: un patrimonio nazionale da quasi 550 miliardi di euro. “Per il momento – dice il direttore provinciale di Cia Agricoltori Italiani di Cuneo, Igor Varrone – non abbiamo la percezione di possibili rischi di chiusure nel nostro settore, ma i rialzi incidono fortemente sulla tenuta del comparto agricolo e alimentare, che necessita di diverse materie prime e di molta energia per tutti i processi di produzione, trasformazione e conservazione dei prodotti. In Italia, poi, l’80% dei trasporti commerciali avviene su gomma: una percentuale che, però, supera il 90% nel caso di alimentari freschi”.

 

Le speculazioni sui prezzi

La speculazione è un dato di fatto? “Certamente. Non è che con l’emergenza sanitaria si sia consumato di più, provocando il “naturale” rincaro dei prezzi. Anzi. Adesso, sfruttando i segnali di ripartenza dell’economia, qualcuno sta giocando con i costi delle materie prime, portando acqua al proprio mulino”.

Ma non solo. “Permane il solito problema che il consumatore paga la rilevante crescita dei costi dei beni alimentari, ma gli agricoltori vendono i loro prodotti sempre allo stesso prezzo. Pur dovendo pagare i forti rincari di bollette e materie prime. Dopo due anni molti pesanti legati all’emergenza sanitaria, e con le altre difficoltà già presenti prima, il reddito di tutte le aziende rurali si sta assottigliando notevolmente. Con il rischio di arrivare all’azzeramento, perché non si coprono più le spese di produzione. E come sempre quanti stanno in mezzo alla catena tra agricoltori e consumatori sono gli unici a trarne dei guadagni concreti. E questa è di nuovo speculazione”.

In agricoltura si pone poi anche il problema di chi ha partecipato ai bandi del Programma di Sviluppo Rurale? “Infatti. Gli aumenti non riguardano solo i prodotti direttamente collegati alla produzione agricola. Ad esempio chi ha chiesto i contributi per un ampliamento aziendale, come la costruzione di una stalla nuova,  si trova a dover spendere un terzo in più rispetto a un anno fa. Perché l’edilizia ha le stesse difficoltà degli aumenti sconsiderati delle materie prime”.

 Le proposte di Cia

Cosa propone Cia? “Il Governo nazionale al momento si è attivato con delle misure che, in parte, potrebbero contenere i costi. In particolare dell’energia. Ma deve impegnarsi ad ammortizzare l’aumento di tutti i prezzi. Altrimenti si correrà davvero il rischio che le aziende chiudano e cresca considerevolmente il numero, già comunque alto, delle famiglie che non arriva più a fine mese. Per questi motivi, Cia continua a tenere alta l’attenzione sulla catena del valore e della distribuzione e a chiedere al Governo più risorse e misure strutturali contro il caro energia nei campi e lungo la filiera. Ribadendo la necessità di scongiurare le speculazioni sui prezzi al dettaglio dei beni alimentari, e non solo, che le aziende e i consumatori non possono più accettare”.

 

 

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