Slow Food: no carne sintetica ma bisogna mangiarne meno

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Assist o velenoso pallonetto? Fuor di metafora calcistica, anche Slow Food si schiera contro la carne sintetica. Una notizia che a Bra, la mecca della salsiccia di vitello dove il movimento internazionale fondato da Carlin Petrini è stato ideato e mantiene la sua sede, non può non fare piacere. Anche se nell’annunciare questa sua presa di posizione la Chiocciolina ribadisce indispensabile e urgente ridurre i consumi di carne. Gli attuali 79 kg consumati di media a testa in Italia sono «insostenibili», scrive Slow Food. Non solo per motivi etici, la non-vita che concediamo ai milioni di esemplari mandati al macello giornalmente dalle stalle intensive. Deforestazione, inquinamento ed enorme assorbimento di risorse dal suolo, rendono una bomba ecologica e climatica queste produzioni. Ma anche quelle tradizionali hanno aspetti critici, per esempio per quanto riguarda il grande dispendio di acqua. L’invito della presidente nazionale Barbara Nappini è quindi esplicito: meno fettine, più legumi. Una indicazione condivisa dai medici che collegano il consumo di carne a insorgenza e recidive di tumori.

 

Proteine vegetali Passare al laboratorio sarebbe un dalla padella alla brace (si veda il box qui accanto). Invece «occorre – prosegue Slow Food – puntare su un allevamento sostenibile, mettere al centro fertilità del suolo, rispetto per gli animali, tutela della biodiversità dei pascoli, cura delle aree montane e rigenerazione delle pianure» come le nostre. E nel cosiddetto sud del mondo, dove le scelte consapevoli dei con­sumatori spesso sono impossibili? Va favorita «l’auspicata transizione proteica».

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