Sara Vezza, vitivinicoltrice di Monforte d’Alba, fra le tre finaliste del premio Ue per le aziende biologiche

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Sara Vezza, titolare dell’omonima azienda vitivinicola sulla collina di Castelletto, nel Comune di Monforte d’Alba, associata alla Cia Cuneo, è stata scelta dalla “speciale” giuria dell’Unione Europea fra le tre finaliste del premio, istituito per la prima volta nel 2022, di miglior coltivatrice biologica. Sono con lei, nella terna delle selezionate, l’austriaca Katharina Lichtmannsperger e la spagnola Nazaret Mateos Alvarez. La vincitrice, che sarà decisa nelle prossime settimane, riceverà il riconoscimento nel corso della cerimonia in programma a Bruxelles il 23 settembre, nell’ambito delle iniziative per celebrare la Giornata Europea del biologico. Dice Sara Vezza: “E’ una grande soddisfazione aver raggiunto il traguardo, che valorizza l’impegno e la fatica messa in campo durante questi anni”.

Cosa significa praticare il metodo biologico per la sua azienda? “Vuol dire guardare al vigneto come a un insieme complesso, costituito di suolo e ambiente. Ed è  fondamentale dare voce all’interazione fra le diverse specie vegetali presenti per ottenere un sistema più sano. In un’ottica attuale, ma soprattutto futura. Perché essere contadino significa lavorare la terra in modo sostenibile, vivendola come una grande responsabilità per quanto abbiamo ereditato e che lasceremo ai nostri figli”.

Altrettanta soddisfazione per il riconoscimento la esprime Martina Delù, tecnico della Cia provinciale di Cuneo che segue il biologico: “La nostra organizzazione sta promuovendo sempre di più la coltivazione bio e appoggia le aziende indirizzate verso questa strada. Anche perché chi la sceglie e la percorre vuol dire che crede profondamente in quanto sta facendo. Sara Vezza è un’ottima imprenditrice attenta alla sostenibilità ambientale: un esempio da seguire”.  

 

Una storia meravigliosa che parte da fine Ottocento

L’azienda di Sara Vezza nasce dal lungo percorso compiuto dalla famiglia Saffirio. Infatti, il primo Saffirio si trasferisce a Castelletto di Monforte d’Alba verso fine Ottocento. Ma a dare una svolta al cammino è il nonno di Sara, Ernesto, nato nel 1910, nipote del primo Saffirio di Castelletto e primo di cinque figli. Durante la Seconda Guerra Mondiale, combatte sul fronte africano e in quello russo. Poi, nel 1945, per tenere unita la proprietà aziendale acquista i terreni dai fratelli. E riesce a trasmettere alla figlia Josetta, nata nel 1952, l’amore e la passione per la terra. raccontata attraverso le storie degli gnomi che “popolavano i boschi e aiutavano i contadini”. Josetta, a soli 23 anni, nel 1975, inizia una straordinaria avventura, decidendo di occuparsi dei vigneti del padre e con coraggio produce Nebbiolo di alta qualità. Viene affiancata nel lavoro dal marito Roberto, enologo. A salire in passerella è soprattutto il Barolo, che a fine Anni Ottanta viene insignito due volte con i Tre Bicchieri del Gambero Rosso.

Sara, figlia di Josetta, prende in mano le redini della struttura nel 1999, con l’obiettivo di applicare la sostenibilità ambientale. Nel 2008 ne diventa la titolare. La certificazione biologica arriva nel 2017. L’azienda è costituita da 5 ettari di vigneto, principalmente di Nebbiolo. Produce dieci etichette di vino – oltre al Barolo, uno anche in confezione magnum, la Barbera, il Langhe Nebbiolo, il Moscato, il Langhe Rossese Bianco, il Langhe Rosato e lo Spumante Rosè – che mantengono tutte il nome della mamma Josetta Saffirio e il logo di sempre con gli gnomi. Sottolinea Sara: “Siamo pezzi di un mosaico. Non siamo autori del vino, ma attori della natura: aiutiamo le piante a crescere come figli e siamo in contatto con la vitalità della terra. Cioè il suolo, la vite e tutto quanto ci circonda. Il vino è una forza vitale, ricca di microorganismi che gli permettono di evolversi. Per questo motivo è necessario lavorare la terra con grande responsabilità verso le generazioni che verranno”.

Il premio Ue

L’aumento della produzione agricola biologica, ottenuta attraverso la riduzione dei principi attivi chimici utilizzati nella lotta alle malattie e agli insetti dannosi, influisce positivamente su clima, ambiente, mantenimento della biodiversità e benessere animale. Per questo motivo l’Unione Europea ha introdotto degli obiettivi da raggiungere entro il 2030: diminuire del 50% l’utilizzo dei pesticidi e dei rischi a essi legati; del 20% l’uso dei fertilizzanti; del 50% le vendite di farmaci antimicrobici che combattono le infezioni negli animali da allevamento. Soprattutto, però, sempre entro il 2030, c’è il fine di destinare il 25 % della superficie agricola al biologico. Un traguardo che la Ue intende tagliare avendo adottato il piano d’azione per lo sviluppo della produzione attraverso questa tecnica. Nel documento si sottolinea come la crescita del bio debba avvenire sensibilizzando maggiormente il consumatore sui benefici ottenuti con il metodo e, di conseguenza, facendo aumentare l’acquisto di quanto è stato coltivato o allevato seguendo quel tipo di pratica.

In quale modo si può tradurre nel concreto l’indirizzo? L’Unione Europea, per la prima volta  a partire dal 2022, ha istituito dei premi annuali, non in denaro, ma in visibilità e promozione, da destinare alle aziende che producono, vendono o utilizzano eccellenze biologiche meritevoli di essere riconosciute e valorizzate.

 

I riconoscimenti per sette categorie

Sono previste sette categorie e otto premi individuali: miglior coltivatrice e miglior coltivatore biologico; miglior regione biologica; miglior città biologica; miglior bio-distretto biologico; miglior piccola e media impresa che si occupa della lavorazione dei prodotti biologici; miglior dettagliante o rivenditore di alimenti biologici; miglior ristorante biologico, indipendente, del settore alberghiero o della ristorazione, che proponga riferimenti biologici certificati nel suo menu. Per tutti gli otto premi il riconoscimento viene assegnato dalla giuria a quanti abbiano realizzato un progetto di rilievo, innovativo, sostenibile, stimolante, replicabile e capace di sviluppare un reale valore aggiunto nella produzione e nel consumo di eccellenze biologiche.

Nelle terne dei finalisti tra gli italiani, oltre all’azienda di Sara Vezza, ci sono Gianpaolo Mancini di Salerno tra gli imprenditori, l’Associazione Bio-Distretto Cilento in Campania tra i bio-distretti biologici e Gino Girolomoni Cooperativa Agricola della provincia di Pesaro e Urbino fra le piccole e medie imprese

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