Obbligo di Green Pass, camionisti: “E se un giorno smettessimo di consegnare le merci?”

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A poche ore dall’entrata in vigore dell’obbligo di Green Pass, la certificazione verde Covid-19, per tutti i lavoratori del settore privato e pubblico e di fronte alle evidenti avvisaglie dei gravi disagi che questo minaccia di causare al sistema dell’autotrasporto locale e nazionale, Astra Cuneo per bocca del presidente Diego Pasero e del segretario Guido Rossi pone in luce tutta una serie di criticità per il settore, che rischia di pagare un conto pesante.

“All’inizio della pandemia, nel marzo 2020, quando la maggior parte della gente stava chiusa in casa, gli autotrasportatori garantivano i rifornimenti a tutta la nazione e nelle aziende dove si carica e scarica agli autisti erano negati servizi igienici, ristoro e soprattutto rispetto. Guardati a vista come untori, indispensabili, ma da tenere a distanza – ricorda Diego Pasero -. Ora un anno e mezzo dopo, per fortuna la situazione è cambiata dal punto di vista economico e sociale, ma il brutto vizio di scaricare i problemi sull’autotrasporto rimane sempre. Subito i committenti hanno ribaltato sui loro vettori ogni divieto, ogni interpretazione rigidissima del decreto sul Green Pass, eventuali richieste danni e chi più ne ha più ne metta. Non è un modo responsabile di affrontare la questione”.

“Senza entrare nel merito della bontà delle scelte sul Green Pass, a livello governativo sarebbe stato utile ragionare meglio sul concetto di ‘luogo di lavoro’: restare nella cabina del camion durante le operazioni di carico e scarico o scendere su un piazzale, all’aperto, senza contatti ravvicinati con altri operatori perché deve portare ad un controllo dell’autista? – spiega Guido Rossi -. E se l’autista (già controllato dal suo datore di lavoro) entra in contatto con più aziende, subisce il controllo ripetutamente? Ancora, gli autisti di aziende straniere saranno controllati, oppure assisteremo ad un clamoroso caso di discriminazione alla rovescia? Un autista non è un impiegato che può tranquillamente pianificare quando e dove fare il tampone, un autista può dormire più notti fuori o partire in orari in cui le farmacie sono chiuse. Non si possono equiparare norme nate per la pubblica amministrazione o i ministeriali a un lavoratore mobile. Senza considerare poi tutte le difficoltà legate all’attuale sistema per effettuare i tamponi, non adeguato a farne un numero così elevato”.

“Come al solito l’autotrasporto rimedierà con il suo senso di responsabilità a queste norme che in alcuni aspetti sono evidentemente poco razionali. Ma se un giorno l’autotrasporto la smettesse di essere così responsabile, fermando le consegne delle merci, come ad esempio stanno facendo i portuali a Trieste o a Genova? Cosa succederebbe? – conclude Pasero -. A queste domande dovrebbe dare una risposta anche il sistema produttivo e industriale di questo Paese”.

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