“No” alle mimose abusive. L’appello di Confcommercio Cuneo

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CUNEO – “Denunciamo insieme l’abusivismo per salvare le nostre imprese”. È questo lo slogan utilizzato nel 2021 da Federfiori-Confcommercio per richiamare, come ogni anno, l’attenzione dei Prefetti e dei Sindaci d’Italia nei confronti di tutte quelle forme di abusivismo che incontriamo quotidianamente nella vendita di fiori e piante.

“La nostra categoria – spiega Rossana Ursi, presidente del Sindacato Fioristi Federfiori-Confcommercio-Imprese per l’Italia-della provincia di Cuneo – è formata da professionisti che investono nella propria attività, nell’aggiornamento professionale e nuove forme di composizioni floreali, nel rispetto rigoroso delle norme sanitarie e sono soggette al veloce deperimento della merce”.

“Con questo slogan – precisa la Ursi – vogliamo fa sapere all’opinione pubblica che l’abusivismo nelle sue forme più varie danneggia chi opera nella legalità, dove alle spalle vi sono famiglie che credono nel lavoro quotidiano”.

“Per la nostra organizzazione – interviene Luca Chiapella, presidente di Confcommercio-Imprese per l’Italia-della provincia di Cuneo – la legalità e la lotta all’abusivismo sono temi fondamentali dell’attività sindacale”. “Appoggiamo l’iniziativa nazionale di Federfiori anche a livello locale; ringraziamo i Sindaci per l’attività di vigilanza svolta e li invitiamo ad intensificarla”.

 

Le donne di tutti i paesi civili hanno scelto una data per celebrare unite la festa della donna: l’8 marzo. In questa giornata la donna pone tutte quelle rivendicazioni che sino a oggi non ha ancora ottenute e la cui conquista è indispensabile per la valorizzazione della sua personalità e per il progresso dell’umanità intera”. Era il testo di un volantino del 1948 che invitava le donne italiane a rivendicare i propri diritti celebrando la giornata internazionale della donna.

L’origine della Giornata internazionale della donna si perde tra molte leggende, la più ricorrente è senza dubbio quella che fa risalire la festa dell’8 marzo alla commemorazione delle oltre cento operaie (ed operai), morte il 25 marzo 1911 nel rogo dell’edificio newyorchese della Triangle Waist Company, in cui lavoravano in condizioni terribili. Resta ancora un mistero capire come la vicenda sia stata associata alla festa della donna, insieme alle tante altre versioni sulla scelta della data, che la collegano ora a uno sciopero di lavoratrici tessili, brutalmente represso a New York l’8 marzo 1857, ora alla rivolta pacifista delle operaie di Pietrogrado, l’8 marzo 1917, o ancora alla conferenza del 1908 tenuta da Corinne Brown del Partito socialista di Chicago nel Garrick Theater, che aveva per titolo «Woman’s Day». Le rivendicazioni delle donne contro lo sfruttamento, i bassi salari, le discriminazioni sessuali e del diritto di voto nel 1909 non erano più una questione rimandabile e il Partito socialista americano organizzò in ogni sua sezione una manifestazione a favore delle lotte femminili nell’ultima domenica di febbraio. Fu così che negli Stati Uniti la prima e ufficiale giornata della donna fu celebrata il 23 febbraio 1909. Nel primo decennio del ‘900 in Europa, Stati Uniti e Russia il Woman’s Day iniziò a esser celebrato in giorni e mesi diversi, si arrivò a scegliere definitivamente l‘8 marzo nel dicembre del 1977, quando L’ONU, con la risoluzione 32/142, stabilì la “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale.

In Italia la ricorrenza prese piede timidamente negli anni Venti solo tra le operaie delle grandi fabbriche, eclissandosi nella clandestinità durante gli anni bui del fascismo, per affermarsi definitivamente dopo la Liberazione, quando l’8 marzo del 1946 venne celebrata ufficialmente la prima Giornata della donna. Era l’alba di una nuova era: durante i due conflitti mondiali le italiane si erano scoperte operaie, tranviere, ferroviere, postine, impiegate di banca, brave amministratrici, superando almeno temporaneamente quei tabù e confini tra i ruoli maschili e femminili che dominavano la società prebellica. Con la Seconda Guerra le italiane si appropriarono così di una nuova identità, iniziando una vera e propria rivoluzione copernicana che porterà alla rivendicazione di nuovi diritti e spazi nella vita sociale e politica del Paese.

Nell’Italia liberata, il nuovo corso venne sancito dalle migliaia di donne che si recarono a votare in massa il 2 giugno 1946.

Nel decennio successivo, in Italia le richieste dei movimenti per i diritti delle donne si concentrarono sull’emancipazione e l’eguaglianza. E le donne lottarono per conquistare pari diritti e doveri rispetto agli uomini e nuovi spazi nella vita politica, e pure in quella privata. Nel 1950 veniva varata la legge che vieta il licenziamento delle donne durante il primo anno di vita del bambino e introduceva il trattamento economico dopo il parto. Nel 1956 quella sulla parità retributiva tra uomo e donna. Mentre fino al 1963 il gentil sesso si trovava a combattere contro la pratica largamente in uso di dover firmare le dimissioni in bianco per avere un lavoro. Il 1968 segnò come uno spartiacque la storia dell’emancipazione femminile, le donne scendevano in piazza rimettendo in discussione ruoli, diritti e doveri, chiedendo a gran voce un sistematico piano di riforme: del 1969 è la depenalizzazione dell’adulterio, del 1970 la legge sul divorzio, del 1975 la riforma del diritto di famiglia.

Negli anni della contestazione, in un momento storico, che oggi può apparire lontano, in cui anche la pillola anticoncezionale era illegale (fino al 1971), la battaglia delle donne femministe per ottenere la depenalizzazione dell’aborto rivelava poi tutte le contraddizioni di un’Italia profondamente divisa.

Se negli ‘80 e ‘90 il movimento delle donne subì poi una decisa battuta d’arresto, quasi ammantandosi di una patina demodé, non si può comunque dimenticare che è solo del 1981 l’abrogazione dell’infamia del delitto d’onore, residuo del Codice Rocco degli anni ‘20.

Oggi la questione femminile è tornata a essere centrale nel dibattito pubblico, e l’8 marzo è l’occasione per ricordare tutte le battaglie combattute, vinte o ancora da vincere per la difesa e la valorizzazione delle donne.

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