Le case degli artisti: Alla scoperta della casa museo di Giacomo Balla

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Ogni casa porta l’impronta di chi la vive, ne rivela la personalità e l’anima. Ma le case degli artisti hanno qualcosa in più: per scrittori, musicisti, pittori diventano il luogo dell’ispirazione e della creatività. Margherite Duras, nonostante il suo errabondare, innamorata della dimora di Neauphle-le-Château, la vede come fonte di scrittura: «Questa casa è il luogo della solitudine, eppure dà su una strada, su un vecchio stagno, sul complesso scolastico del paese. Quando lo stagno è gelato, i bambini ci vengono a pattinare e mi impediscono di lavorare. Li lascio fare, quei bambini, li sorveglio». Ha occupato un posto essenziale nella sua vita, messo ordine nei ricordi, calmato l’angoscia e l’ha amata molto: «I miei libri escono di qui, dal parco, da questa luce riflessa dallo stagno». Come sono le case dove hanno vissuto i maestri dei capolavori artistici? Sono posti magici che conservano ancora l’atmosfera in cui i grandi pittori hanno vissuto e da cui hanno preso spunto per creare le loro opere. Sono molto di più di semplici dimore, sono degli ateliers, sono esse stesse opere d’arte. Benvenuti a Casa Balla

Una sensazione di grande e­mozione ho provato entrando in casa Balla, aperta da poco al pubblico. In via Oslavia 31, a Roma, in un quartiere medio borghese, palazzo non lussuoso, si entra nel regno della creatività. Balla dall’abitazione in via Nicolò Porpora, antico edificio conventuale che si affacciava su Villa Borghese, si trasferisce in questo appartamento angusto con la moglie Elisa e le due figlie Luce ed Elica, anch’esse pittrici, che l’hanno abitata e custodita fino agli anni ‘90. La targa FuturBalla sulla porta accoglie il visitatore e quando si entra, è meraviglia pura. E’una casa-universo, che rispecchia la filosofia dei futuristi: «Noi futuristi, Balla e Depero, vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente» si legge in Ricostruzione futurista dell’universo nel 1915.

L’abitazione diventa arte

L’abitazione diventa, per Balla, un’opera d’arte, un laboratorio di sperimentazione fatto di pareti dipinte, di una miriade di mobili, arredamenti, utensili decorati, di numerosi quadri e sculture, di abiti da lui disegnati e di tanti altri oggetti che, insieme, creano un “caleidoscopico” progetto totale. Una ricchezza di colori, da quelli tenui del corridoio a quelli intensi dello studiolo, come il rosso o il verde brillante, le piastrelle lilla del soggiorno: in ogni stanza un tocco diverso, e così l’anonimo appartamento borghese si trasforma in un palcoscenico animato da quadri, quadro esso stesso. Colpisce la luce, si rimane irretiti nel gioco del colore e del movimento; infatti per Balla il dinamismo futurista si traduce in un continuo creare. E la sua casa diventa una sorta di antica “bottega” rinascimentale dove gli oggetti da lui ideati e costruiti per l’uso nella vita quotidiana (tavolini, sedie, scaffali, piatti, piastrelle), poveri nei materiali ma ricchissimi nella vena creativa, convivono con quadri, disegni, sculture. Giacomo Balla, che nasce a Torino il 18 luglio 1871, studi all’Accademia Albertina di Belle Arti e al Liceo Artistico di Torino, nel 1895 si trasferisce a Roma, dove inizia a esporre e farsi conoscere, sempre curioso e aperto alle novità. Dopo il periodo parigino nel 1900, è presente alle esposizioni che contano, Venezia, Monaco, Parigi. I suoi interessi sono molteplici, dalla pittura alla scultura, al contempo progetta e decora mobili, disegna abiti futuristi “antineutrali”. Con Fortunato Depero, redige nel 1915 il manifesto Ricostruzione futurista dell’universo. E questa sua creatività è effigiata oggi al Maxxi con una mostra che riunisce le sue varie attività, in particolare i mobili e gli abiti. Il Maestro aveva firmato nel 1914 il manifesto futurista Le vêtement masculin futuriste, Il vestito antineutrale, un invito ad adottare l’estetica futurista attraverso l’abbigliamento; teorizzava e proponeva di sostituire il soffocante abbigliamento maschile con uno più dinamico, più audace e variopinto, asimmetrico, che rompesse con la tradizione e si adeguasse al concetto futurista di modernità e progresso. E la collezione esposta, di proprietà di Laura Biagiotti, trasmette appieno questa filosofia di rottura.

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