Jova Beach Party, una figata pazzesca infiamma il pubblico di Albenga

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È una figata.
Chiedo infinitamente scusa a tutti coloro che si riterranno in qualche modo offesi da questo aggettivo che ho appena usato ma non vedo altra definizione possibile per descrivere il concerto di Jovanotti, il famoso Jova Beach Party che si è tenuto domenica scorsa a Villanova d’Albenga.
Vivo quasi sempre circondato dalla musica che segna  la colonna sonora della mia vita ma non sono particolarmente appassionato di concerti. O meglio, non amo il contorno dei grandi eventi; il traffico per raggiungere lo stadio, le grandi code, le attese infinite e di nuovo i tempi biblici per il ritorno a casa. Ciò non toglie che in passato mi sia tolto le mie soddisfazioni, qualche concerto l’ho visto e qualcuno  mi ha anche lasciato il segno, come Bob Marley nel 1980 allo stadio di Torino oppure Sting con la Royal Filarmoncic Orchestra, sempre a Torino.
Questa volta però è stato tutto diverso. Davvero.
Non era un concerto vero e proprio ma una specie di festa in spiaggia anche se il mare non era vicinissimo. Gazebo con cibi nostrani e di altri paesi, spazi per i bambini, birra buona e nessun senso di oppressione, come spesso accade nei mega eventi. Pochi stavano seduti in attesa dell’arrivo del loro idolo, molti si conoscevano, si salutavano e riprendevano il loro giro.
Vivo in parte ad Alassio e raggiungere l’ippodromo di Villanova, se non fosse stato per la Vespa e il provvidenziale accredito da giornalista sarebbe stata davvero un’impresa che però in tanti, tantissimi hanno affrontato senza problemi. Una volta dentro anche se obiettivamente si respirava un po’di polvere e i trenta gradi si facevano sentire, ho avuto una bella sensazione. Facce sorridenti, nessuna tensione, ma la cosa che mi ha impressionato di più è stata l’eterogeneità del pubblico. Ventenni ed over sessanta hanno condiviso spazi, sorrisi e balli nella tranquillità più assoluta. Strano, anzi stranissimo anche perché Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti non è più “di primo pelo”. Ha la bellezza di 56 anni ma si muove sul palco per tre ore come un ragazzino. Ci sono i Rolling Stones che sono “diversamente giovani” ben più di lui  ma qui la persona è differente. Jova è un atleta vero, un ciclista d’eccezione, attentissimo alla forma ma senza cadere mai nell’eccesso. Sorriso sempre pronto per tutti e pronto a ricevere e a trasmettere emozioni che sembrano davvero genuine. Il contorno dello spettacolo che inizia alle tre del pomeriggio e termina a mezzanotte è condito da un’aura di sostenibilità che oggi va tanto di moda. Lorenzo  è un precursore anche  perché in epoche non sospette parlava  di sostenibilità anche se allora non si sapeva neanche bene cosa volesse dire. Sono arrivato in mezzo alla gente più o meno verso le sette e come faccio spesso ho teso l’udito per carpire frasi qua e la, metterle insieme e farmi un’idea. Il concetto più ricorrente era senza dubbio il piacere di essere di nuovo insieme, un sacco di gente, ma veramente tanta, dopo anni di confino obbligato lontani dagli assembramenti. Non conoscevo proprio tutti i testi e tutti i brani che Jova ha fatto anche perché di pezzi “vecchi”, quelli intorno agli anni 90 quando era già sulla cresta dell’onda,  ne ha fatti pochi. In quel caso allontanavo gli occhi dal palco e mi godevo le facce delle altre persone. Una meraviglia. Di nuovo sorrisi a non finire, bocche aperte dallo stupore delle luci e dei video che scorrevano sul fondo del palco, ragazzi e non, bruciati dal sole che conoscevano a memoria ogni singola parola cantavano tutti insieme, mi vien quasi da dire in armonia ma mi sembra una parola grossa. Gente fuori posto non ce n’era proprio. Tutti erano li per divertirsi e si sono divertiti tutti. Me compreso. Grazie Lorenzo.
Matteo Gionsoni

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