Guerra e aumento dei costi energetici non scalfiscono la fiducia delle imprese cuneesi

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La conferenza stampa indetta per presentare i risultati dell’indagine di previsione per il secondo trimestre 2022 condotta dal Centro studi di Confindustria Cuneo si è svolta per la prima volta nella nuova sede dell’associazione, in via Vittorio Bersezio 9, nella sala “Rattalino”.

Dopo l’esposizione dei dati, che continuano ad autorizzare un cauto ottimismo sulle prospettive economiche della provincia, il presidente e il direttore di Confindustria Cuneo, Mauro Gola e Giuliana Cirio, ed Elena Angaramo, responsabile del Centro studi, hanno lasciato la parola a Marco Toson, presidente di  Confindustria Ucraina, il quale ha descritto una situazione che, parole sue, è peggiore di quella che traspare dalle notizie diffuse dai mass media, e ciò nonostante non impedisce di pensare e di lavorare per proseguire la produzione e il commercio di beni, anche e soprattutto con l’estero, e di pensare alla ricostruzione post bellica.

A fronte dei tanti fattori di incertezza connessi alla guerra e all’impennata dei prezzi dell’energia e delle materie prime, ha sottolineato il presidente Gola, dall’indagine congiunturale, a cui hanno preso parte circa 300 imprese associate a Confindustria Cuneo, un campione piuttosto significativo, emerge una sostanziale tenuta del comparto industriale.

Ciò non toglie che occorra seguire con la massima attenzione elementi potenzialmente in grado di provocare effetti negativi nel breve periodo, come l’inflazione che pare destinata ad attestarsi su livelli prossimi al 6% nel 2022 per poi ridimensionarsi l’anno prossimo, e l’aumento dei tassi. Sono fattori, ha spiegato Gola, capaci di erodere ulteriormente il potere d’acquisto delle famiglie e, quindi, di impedire al mercato interno di assorbire la quota di export che potrebbe non trovare sfogo all’estero a causa delle ben note questioni internazionali.

Anche Giuliana Cirio ha evidenziato i timori inerenti alla tenuta del mercato interno, soffermandosi su un’altra questione sempre più “calda”: la difficoltà incontrata dalle aziende a reperire manodopera specializzata e collaboratori con una formazione all’altezza della veloce modernizzazione produttiva in atto.

In più, sono in calo le attese in merito alla redditività, il che evidenzia, ha ribadito il Direttore di Confindustria Cuneo, come il sentiment degli imprenditori sia comunque influenzato dalle preoccupazioni riguardo a ciò che sta accadendo nel mondo.

La provincia di Cuneo comunque continua a essere fonte di segnali, e soprattutto di fatti, che la collocano fra quelle più virtuose del Piemonte e d’Italia.

Per quanto riguarda le attese espresse dalle aziende associate a Confindustria Cuneo, esse si conformano a quelle emerse, a marzo, dalle territoriali piemontesi del Sistema confindustriale (sono 1.200 le imprese manifatturiere e dei servizi che hanno risposto) che hanno fatto registrare un generale raffreddamento delle attese, a sua volta in linea con quanto si registra a livello nazionale.

Ecco, in estrema sintesi, il frutto della elaborazione curata dal Centro studi di Confindustria Cuneo.

Nel manifatturiero il 24,1% delle imprese prospetta un aumento della produzione, contro il 12,6% che si attende una diminuzione. Il saldo scende di 1,6 punti rispetto a dicembre, ma resta ampiamente positivo (+11,5%). Il trend è analogo per l’occupazione, con un saldo dell’11,5%, in calo di un punto percentuale rispetto al primo trimestre. Le attese sugli ordinativi si consolidano (+9,9%), mentre crollano quelle sull’export (da +5,2% a -7,1%), complici le difficoltà sui mercati delle commodity e dei semilavorati. La tenuta degli indicatori strutturali rilevati all’indagine rassicura sul fatto che, al momento, non siamo in presenza di un peggioramento reale del ciclo, sebbene siano presenti numerosi fattori di incertezza. Il tasso di utilizzo degli impianti rimane saldamente su livelli elevati, mentre si riduce ulteriormente il ricorso alla cassa integrazione. Qualche lieve segnale di decelerazione proviene dagli investimenti.

Anche nei servizi il clima di fiducia rimane favorevole e su indicatori inferiori rispetto a quelli osservati a dicembre. Il saldo relativo ai livelli di attività è pari al 11,7%, inferiore di 8,7 punti percentuali rispetto a quello di dicembre, così come il saldo relativo agli ordinativi e all’occupazione (rispettivamente pari a 7,4% e 5,3%, con una variazione di -11,9 e -7,9 punti percentuali). Cala ancora il ricorso alla cassa integrazione, ma diminuiscono gli investimenti a fronte di un tasso di utilizzo delle risorse stabilmente al di sopra dell’80%.

Sono stati proposti anche i dati a consuntivo del 2021: l’anno si è chiuso con risultati positivi sia rispetto al 2020, com’era facile attendersi, sia rispetto al 2019.

Nel manifatturiero oltre il 63% delle imprese ha evidenziato un fatturato in crescita a fronte del 6,3% che lo ha visto diminuire e del 26,2% che lo ha mantenuto ai livelli dell’anno precedente. La maggioranza delle aziende manifatturiere restituisce un bilancio in utile (63,9%), mentre il 12% ha chiuso in pareggio. Rimane stabile l’indebitamento nel 53,4% dei casi, mentre per il 13,1% i debiti sono aumentati. Il 15,2% delle imprese manifatturiere ha, invece, ridotto l’indebitamento. Circa un’impresa su tre ha rafforzato la spesa per investimenti (31,9%), mentre il 42,9% l’ha mantenuta stabile. Sono soltanto il 12,6% del campione le imprese i cui investimenti sono stati più bassi.

Fra le imprese dei servizi oltre il 55% ha evidenziato un fatturato in crescita a fronte dell’8,5% che lo ha visto diminuire e del 30,9% che lo ha mantenuto ai livelli del 2020. Più di un’impresa dei servizi su tre restituisce un bilancio in utile (72,3%), mentre il 4,3% ha chiuso in pareggio. È stabile l’indebitamento nel 42,6% dei casi, mentre per il 14,9% i debiti sono aumentati e per un ulteriore 14,9% sono risultati in calo. Poco meno di un’impresa su tre ha rafforzato la spesa per investimenti, mentre il 43,6% l’ha mantenuta stabile. Sono soltanto il 4,3% del campione le imprese i cui investimenti sono risultati inferiori.

Il presidente di Confindustria Ucraina, Marco Toson, che è anche console onorario dell’Ucraina per il Triveneto, ha tracciato il quadro della situazione del Paese invaso dalla Russia, riferendosi ovviamente soprattutto agli aspetti economici, ma non dimenticando la drammatica situazione della popolazione e dei rifugiati fuggiti dalle zone calde del conflitto.

«Confindustria Ucraina opera in una situazione che mai avrei immaginato possibile», ha detto in videoconferenza. Più volte recatosi nel Paese in guerra dopo lo scoppio della stessa, il 24 febbraio, Toson ha spiegato come il problema principale sia quello della logistica, cioè come far uscire ed entrare le materie prime necessarie alla produzione.

Operando con l’intento di essere un punto di riferimento utile e sempre accessibile per le aziende, Confindustria Ucraina, ad esempio, ha collaborato alla creazione di hub di interscambio in Slovacchia e in Polonia, poco oltre il confine. Dal punto di vista operativo, in svariate occasioni il presidente Toson e i suoi collaboratori hanno fatto in modo che i camion con gli aiuti inviati agli ucraini facessero il viaggio di ritorno carichi di merci.

Le prospettive, a detta dell’illustre ospite della conferenza stampa, restano poco rosee.

Se anche (ma nutrire ottimismo al riguardo, secondo lui, è assai difficile) la guerra terminasse a breve, per le industrie ucraine tornare a ritmi produttivi paragonabili a quelli antecedenti al 24 febbraio non sarà semplice. Anche per questo motivo, ha evidenziato, vi sono imprenditori locali che stanno pensando di attestarsi all’estero per garantirsi la continuità aziendale, e in una simile prospettiva il nostro Paese potrebbe giocare un ruolo importante, come possibile mèta di nuovi insediamenti.

Il capitolo della ricostruzione, sul quale pure si sta già ragionando, indica che senza dubbio la parte dell’Ucraina dove saranno effettuati i primi e più consistenti investimenti sarà quella occidentale, dove il conflitto imperversa in modo assai meno cruento. Il dato di fatto è che in tale àmbito le aziende italiane, e fra esse quelle piemontesi e cuneesi, potrebbero vedere aprirsi delle significative opportunità.

Insomma, se il futuro resta una grande incognita, Toson ha lanciato un messaggio chiaro: c’è la ferma volontà di contribuire a edificarlo, Confindustria Ucraina lavora per questo, nell’interesse delle aziende e l’Italia nei prossimi mesi e anni potrebbe giocare un positivo ruolo da protagonista.

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