Diano d’Alba: i sindacati replicano alla Giordano Vini

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Un’immagine degli stabilimenti in Valle Talloria di questa azienda

Riceviamo e pubblichiamo.

 Con queste righe la Rsu della Giordano Vini Spa sita in Valle Talloria cerca di replicare dopo aver letto il comunicato di risposta dell’Azienda Giordano Vini Spa edito da “La voce di Alba” il 15 giugno 2022. Nel comunicato con evidenti doti scrittorie viene messo agli atti che alla trattativa per ripristinare dopo 10 anni un Accordo integrativo aziendale, sul piatto è stato buttato tantissimo. 

Prendendo in considerazione il contesto in cui viviamo, in qualità di Rsu aziendale ci viene da rispondere che se la Direzione aziendale di Giordano Vini e la Direzione del Gruppo Iwb stanno scherzando allora ridiamo; se invece sono seri e hanno condotto una strategia per far fallire la trattativa aperta da 14 mesi, ci preoccupiamo. 

Forse non tutti sanno che il Gruppo Italian Wine Brands, primo gruppo vitivinicolo privato italiano quotato con un fatturato di oltre 400 milioni di euro nel 2021, e di conseguenza anche la Giordano Vini ha visto nell’anno 2021 come nel 2020 un fatturato in netta crescita sui precedenti, complice la situazione sanitaria ma non solo, ha raggiunto nelle vendite sul web numeri insperati. La questione che sa di grottesco è che se la parte sindacale avesse accettato l’accordo proposto dalla Giordano Vini si sarebbe andati a peggiorare alcune norme previste sul Contratto nazionale dell’Industria alimentare. La trattativa verteva su ampi argomenti dal welfare aziendale e una serie di permessi retribuiti, ma soprattutto sul miglioramento professionale di dipendenti sotto-inquadrate, l’innalzamento di un orario minimo settimanale che a oggi non garantisce il contributo settimanale pensionistico, e un salario legato a obiettivi. Una trattativa per un salario contrattuale come si riesce a fare in tante altre aziende in provincia di Cuneo, per un recupero del potere d’acquisto dei dipendenti Giordano che ricordiamo è fermo da 10 anni. 

La vera questione è che dopo 14 mesi l’azienda si presenta alle trattative sostenendo una serie di negazioni (sul riconoscimento delle professionalità e sul raggiungimento di una quota di 20 ore minime di lavoro settimanali garantite), e pone sul tavolo una serie di parametri irraggiungibili per lo stato organizzativo e commerciale dell’azienda. Questo era evidente a tutti, tranne che ai soli rappresentanti aziendali. Cadere in quella “trappola” avrebbe voluto dire il mancato riconoscimento di una cifra, se pur modesta, prevista dal Contratto nazionale per quei dipendenti che lavorano dove non esiste la trattativa di secondo livello. Pertanto, oltre al danno anche la beffa. 

E’ poco serio e molto irrispettoso nei confronti dei lavoratori sbandierare parole come “welfare”, “crescente qualità di vita”, “pacchetto integrativo valorizzante”, quando l’unica redistribuzione della ricchezza è stata fatta a livello dirigenziale, attraverso un “Piano di incentivazione” in cui la direzione si è auto-premiata di centinaia di migliaia di azioni del gruppo Iwb subito convertibili in denaro. 

E’ triste accettare che per i lavoratori il motto giornaliero debba essere “bisogna fare di più con meno”. Perché è scoraggiante accettare che a settembre 2014 l’azienda contava 433 dipendenti mentre oggi, dopo cessioni di rami, esternalizzazioni di attività, licenziamento collettivo di 30 persone, dimissioni volontarie, se ne contano meno di 150. 

È avvilente constatare che dopo 10 anni ci siano lavoratrici e lavoratori che hanno un contratto base di 16 ore settimanali, che fino a 5 anni fa, prima della contrattazione sindacale, erano 8 ore. Per questi lavoratori sindacalmente abbiamo fortemente richiesto un ulteriore innalzamento minimo ebdomadario, per garantire una contribuzione ai fini pensionistici che oggi non è assicurata, e la risposta aziendale è stata ancora una volta negativa. 

Perché è degradante salire gli scalini dell’azienda e vedere proclami Iwb di quanto la persona sia al centro, di quanto il lavoro delle persone sia importante, di come non esista un “io” ma sempre un “noi”, di quanto l’impegno infuso creerà un prospero avvenire per tutti… quando a conti fatti, con questa proposta si scolpisce nella pietra che tutto quanto facciamo non vale nemmeno un premio di 20 euro al mese. 

Perché è ignobile che queste parole non abbiano seguito, è biasimevole che temi come adeguamenti dei livelli contrattuali, regolamentazione del lavoro agile, che in pandemia ha permesso di proseguire con continuità migliorando anche i tempi di vita, e infine nell’ottica di rafforzare gli strumenti di sostegno al contesto familiare la richiesta di giornate aggiuntive rispetto al Ccnl, non abbiano trovato accoglimento.

Tutto questo dopo che l’azienda ha risparmiato 10 anni di mancata contrattazione… e mentre le testate di settore esaltano i numeri del Gruppo Iwb, sempre in crescita. 

Tutto chiaro, messaggio recepito. 

Il valore effettivo di una ditta si misura anche dall’umore dei suoi dipendenti che in questi ultimi anni ha toccato minimi storici. Non si rilevano tracce di soddisfazione personale, di gratificazione, di valorizzazione dei meriti lavorativi. Non basta parlare di “attaccamento alla maglia” se gli sforzi non vengono riconosciuti, le briciole abilmente concesse (come un giorno di permesso in più per i neopapà) al tavolo della trattativa ridicolizzano tutta la piattaforma che era stata preparata e conteneva un impianto organico degno e decoroso. 

Le favole non interessano a nessuno, c’è bisogno di serietà e di concretezza.  Ciò che è stato risposto, in ultima analisi, è che i lavoratori saranno tenuti al minimo sindacale.  Chiediamo una cosa sola: per decenza, almeno, non dite che lo avete fatto per noi e per il nostro benessere. Il logo della Giordano recita “Buon vino, buona vita”. In situazioni come queste basterebbero “Buon senso e buon gusto”. 

 

Rsu – Rappresentanza sindacale unitaria

e Flai-Cgil, Fai-Cisl, Uila-Uil

della Giordano Vini Spa

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