Cinghiali: flop delle politiche regionali per arginare la peste suina

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In 7 anni 17 milioni di euro di danni causati dai cinghiali in Piemonte: ma il problema resta irrisolto e anzi acuito dal fatto che questi animali (nella foto una carcassa rinvenuta presso una rete di protezione) sono vettori di una malattia di origine africana che minaccia gli allevamenti suini
Ha superato quota 300 il numero di casi accertati di peste dei cinghiali tra Piemonte e Liguria, ma resta lontanissimo l’obiettivo dei 50.000 abbattimenti di cinghiali sul nostro territorio regionale, per ora fermo sotto la soglia dei 16.000. È quanto rileva Coldiretti Cuneo commentando gli ultimi dati, aggiornati al 1° febbraio scorso, dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, secondo cui sono ben 202 le positività riscontrate finora in Piemonte e 99 in Liguria, all’interno dell’area infetta nota come “Zona di protezione II”.
«Nell’ultimo anno si sono susseguite riunioni, Ordinanze regionali, disquisizioni su barriere e recinzioni, senza un’effettiva tempistica in termini di conclusione dei lavori e di attivazione di interventi straordinari e risolutori. La realtà è deludente e alquanto critica con danni economici incalcolabili alle imprese agricole e all’ambiente e minacce alla sicurezza di tutti i cittadini» – dichiara il Presidente di Coldiretti Cuneo, Enrico Nada.
Basti pensare che negli ultimi 7 anni i danni causati dai cinghiali in Piemonte si sono aggirati intorno ai 17 milioni di euro, seconda Regione italiana più colpita dopo l’Abruzzo, sulla base dei risultati dell’indagine condotta dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) sulla gestione del cinghiale in Italia.
Il rischio sempre più concreto è che la peste suina africana (Psa), veicolata dalla proliferazione incontrollata dei cinghiali, arrivi anche in provincia di Cuneo con conseguenze disastrose per gli allevamenti suinicoli e le filiere del prosciutto di Parma e del San Daniele. Infatti, la filiera suinicola cuneese – ricorda Coldiretti – con le sue 800 aziende conta quasi 900.000 capi destinati soprattutto ai circuiti tutelati delle principali Dop tricolore per la preparazione della miglior salumeria nazionale. 
«Occorre prendere atto una volta per tutte che i cacciatori non stanno supportando, soprattutto nelle zone interessate dalla Psa, le operazioni necessarie e più in generale la campagna di depopolamento del cinghiale. Si deve quindi dare piena attuazione alle disposizioni recentemente introdotte con la riscrittura dell’articolo 19 della legge  157/92 in tema di un efficace controllo della fauna selvatica. Ecco perché è urgente investire per incrementare il personale preposto all’attività di abbattimento e vanno messi in atto senza più scuse, applicando le linee guida operative, tutti gli interventi, senza dipendere dagli Atc e Ca che, salvo rare eccezioni, hanno di fatto bloccato finora l’operatività» – aggiunge ancora Nada.
«Bisogna – evidenzia il drettore di Coldiretti Cuneo Fabiano Porcu – che anche la politica si assuma fino in fondo le proprie responsabilità, evitando di intervenire, come sta accadendo con la prima stesura della legge regionale di riordino, solo nel contesto dell’attività venatoria e su aspetti aventi una connotazione di carattere esclusivamente gestionale e di interesse di pochi: serve concretamente definire una strategia che permetta, attraverso azioni immediate e straordinarie, di avviare un reale processo di eradicazione della peste dei cinghiali».

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