Cia Cuneo: “Gli allevatori di bovini da latte vivono un momento di grande incertezza”

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Gli allevatori di bovini da latte continuano a essere in crisi perché non coprono le spese di produzione a causa dei rincari delle materie prime e delle spese energetiche. Dopo molta fatica, in alcuni casi sono arrivati ad incassare dall’industria di trasformazione il prezzo di 44 centesimi al litro. Però, ce ne sono ancora tanti che stanno sotto o non raggiungono i 41 centesimi al litro: proposta, quest’ultima, messa in campo nell’autunno scorso. Le aziende, alla luce dei rincari esponenziali con cui devono fare i conti tutti i giorni, un esempio è il costo raddoppiato della farina di mais necessaria a preparare i mangimi, per essere economicamente sostenibili avrebbero bisogno di un rialzo del 20%. “E’ vero – dicono dalla Cia Cuneo – che il prezzo del latte è fortemente cresciuto sugli scaffali di vendita, ma gran parte dell’aumento è stato assorbito dalla Grande Distribuzione che, a sua volta, deve affrontare i rincari energetici”.
Numerose aziende sono di dimensioni più piccole e a conduzione famigliare: per questo motivo rappresentano anche quelle a maggiore rischio chiusura. Nonostante, magari, i tanti investimenti effettuati in passato per restare competitive. Un dato fornito dalla Regione è significativo: nel 2012 gli allevamenti di bovini di latte in Piemonte erano 1.977, oggi sono 1.500. In dieci anni, il 25% degli imprenditori del settore ha abbandonato l’attività.
La situazione nella Granda
Attualmente nella Granda operano 700 allevatori del settore con più di 57.000 vacche in produzione: Cuneo è la provincia con il maggior numero di stalle sul
territorio regionale. Ma qual è lo stato d’animo degli imprenditori del comparto? Risponde Giovanni Cordero: responsabile tecnico della Cia per la macro-area di Cuneo: “Lo stato d’animo degli allevatori è caratterizzato dall’incertezza dovuta a molteplici fattori: il lungo periodo del Covid; la guerra russo-ucraina; l’innalzamento generalizzato dei costi e la contrazione dei consumi. Le spese sono schizzate alle stelle: non solo le materie prime destinate all’allevamento; ma anche i prezzi energetici; quelli delle macchine agricole e dei materiali utilizzati per gli interventi nelle strutture dell’azienda. Tra l’altro, i costi dell’energia non ricadono esclusivamente sul settore industriale della trasformazione e in quello commerciale della distribuzione, ma incidono parecchio anche nel settore rurale: ad esempio i carburanti agricoli; l’acqua; l’energia elettrica. E questo è da tenere presente quando si determinano i prezzi dei prodotti come il latte. Tutto ciò ha fatto crescere un sentimento di pessimismo nel settore, andando a ridurre gli investimenti sullo sviluppo dell’innovazione. Con il rischio di far perdere competitività alle aziende”.
Chi è riuscito a “salvarsi” nella situazione difficile? “In questo frangente di incertezza si dimostrano vincenti quanti hanno investito negli anni per contenere i costi, “fabbricando” in proprio gran parte delle materie prima da destinare all’allevamento. Come i cereali e i foraggi di produzione aziendale e gli impianti di energia rinnovabile. Così da ridurre la dipendenza dal mercato. In questo modo hanno parzialmente tamponato la volatilità dei prezzi”.

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