Canale, una storia lunga 45 anni: torna ad Acri il Monumento di Gino Scarsi

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Tutto è di nuovo pronto, sull’asse tra Canale e la cittadina di Acri: dal Roero alla provincia di Cosenza, in un viaggio di andata e ritorno, una storia lunga 45 anni, fatta di mille deviazioni geografiche e molteplici sfaccettature storiche. Al centro di questo viaggio umano, artistico e pacifista c’è il monumento ai Caduti di tutte le guerre: titanica opera dell’artista Gino Scarsi, che proprio nella capitale del pesco presentò per la prima volta quest’opera nel 1977. 25 quintali di ferro: tanti, tantissimi, per una mole tale da non credere che una creazione del genere possa essere stata così “mobile” nel corso degli anni. Eppure, è così: per una rappresentazione che all’epoca richiese circa un anno di ricerca e di lavoro, al fin di poter mostrare e ribaltare il concetto stesso di “caduto”.

«Nei normali monumenti in bronzo – le parole dell’autore, all’origine – è raffigurato come un eroe: in questa scultura è invece rappresentato come vittima uccisa da un’Idra a tre teste, che rappresentano i potere delle armi, il potere della dittatura e il potere dei soldi, sul fucile una tacca con il consenso tacito della Chiesa alle due ultime guerre mondiali». Fu scalpore, all’atto della sua prima presentazione in piazza Italia, a Canale: in un giorno che molti ricordano, compresa la partecipazione allora – tra gli altri – di Primo Levi. Ricevette ben quattro denunce per vilipendio, tutte poi svanite in sede di prima istruttoria: e conobbe appunto la dinamicità quieta in tanti luoghi di esposizione, in città come Alba, Bra, Saluzzo, Torino, Verona, Mantova, Reggio Emilia, Brescia, Cremona, Desenzano del Garda, sempre con il plauso del Movimento Nonviolento di cui la scultura divenne una sorta di simbolo, di bandiera. Finì poi, appunto, ad Acri, nel 1983: dagli altari della pace, all’oblio dato da un abbandono inaccettabile, dall’incuria delle amministrazioni che lì si avvicendarono in tempi successivi.

Ci volle la giusta insistenza dell’autore, e una sorta di petizione pubblica, per consentire all’opera di tornare nei luoghi della sua forgia: nel 2015, quando Scarsi poté rimettere mano alla sua ferrea figlia, e riportarla alle qualità di un tempo. E, mentre in questo oltrelustro in molti hanno suggerito di mantenerla “in zona” (la stessa Alba, in quel periodo, se ne interessò), il destino ora ha deciso per un suo ritorno ad Acri proprio in giorni in cui la parola “pace” ha riassunto quella attualità che non dovrebbe mai mancare. Il monumento chiude per ora il suo giro, pronto: per l’auspicio che quella pace possa essere presto, e sempre, un sinonimo di quotidianità.

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