Bra, delitto Hysaj: testimone non ricorda la sua intercettazione

0
59
Un’immagine del circolo “L’Arcobaleno” dove sarebbe stato ucciso il 34enne muratore albanese, forse per un debito con spacciatori di droga

Potrebbe valerle un rinvio a giudizio la mancanza di memoria dichiara ieri ad Asti da una 27enne già compagna di uno dei due accusati del delitto Hysaj a Bra. La donna ha detto «mi sono dimenticata tutto» quando il pubblico ministero Simona Macciò le ha chiesto di un’intercettazione telefonica risalente ai giorni successivi all’assassinio. Al telefono con un amico parlò di uno zaino con abiti sporchi di sangue portato nella sua abitazione da Daniele Savoia, 25 anni, all’epoca suo fidanzato. Proprio Savoia potrebbe essere stato l’esecutore materiale dell’omicidio, stando ai rilievi del Ris dei Carabinieri perpetrato in un magazzino del circolo “L’Arcobaleno” in via 24 Maggio nella città della Zizzola. 

Avenir Hysaj, muratore di origini albanesi, 34 anni, potrebbe aver pagato con la vita uno sgarbo nel giro della droga. Giro che a livello locale come “L’Arcobaleno” era controllato dai Luppino, famiglia sospetta ‘ndranghetista originaria della Calabria, diversi suoi esponenti pregiudicati. Quello alla sbarra in questo processo, Nicholas, 37 anni, potrebbe essere stato mandante della fine inflitta all’Hysaj, sparito il 21 febbraio e ritrovato cadavere, tre proiettili in testa, circa un mese dopo in un burrone nel territorio di Pocapaglia. 

L’ex fidanzata di Savoia non ha tuttavia portato alcun elemento a sostegno di questa tesi. Ha spiegato in Tribunale di essere attualmente ospite di una comunità di recupero per la tossicodipendenza che aveva iniziato proprio durante il rapporto con Savoia. Tra le terapie che si sarebbe imposta, ci sarebbe anche il cancellare i ricordi collegati a quell’epoca in cui abitualmente assumeva cocaina e crack. 

Il presidente della Corte d’Assise, Alberto Giannone, ha fatto presente alla giovane i suoi doveri di fronte alla legge, ricordando che potrebbe essere a sua volta chiamata a rispondere di falsa testimonianza. Gli stessi “non ricordo” sono stati la risposta data alle domande poste alla donna dagli avvocati della parte civile, i famigliari dell’albanese, e dalle difese dei due imputati. La testimone ha tuttavia accennato al fratello, il quale, quando ancora Hysaj era ricercato e non si avevano certezze del suo destino, le avrebbe detto di ritenere che era stato ucciso per un debito con trafficanti di stupefacenti. Anche quest’uomo potrebbe ora essere chiamato dalla Giustizia in un altro procedimento penale. 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui