All’ospedale Ferrero un nuovo giardino per l’ultimo saluto ai nostri cari

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VERDUNO – Mercoledì 02 novembre 2022, come ogni anno il giorno dei morti riporta alla memoria momenti vissuti e ci induce a riflettere su quanto facciamo per onorare il ricordo di familiari e amici che ci hanno lasciato.

La nostra tradizione è intrisa di usanze, riti che accompagnano la fase di preparazione al funerale; infatti siamo soliti mettere in atto pratiche di ordine civico e religioso frutto di ritualità tramandate per esorcizzare la morte e assicurare che l’anima del caro estinto non trovi alcun ostacolo per raggiungere la pace dell’eternità. Queste pratiche rispettano tradizioni lontane pregne di religiosità, che affondano le loro diversificate origini nella notte dei tempi in quanto alla loro base ci sono fede e liturgia.

 

Molti rituali funebri sono sopravvissuti nei secoli e vengono seguiti ancora oggi, mentre altri sono tradizioni relativamente nuove e legate ai cambiamenti sociali e culturali. In quest’ultimo contesto si inserisce il saluto al proprio caro presso l’ospedale. Momento carico di emotività e sgomento, ma spesso privo di ritualismi e accompagnamento, vissuto in luoghi alieni, delimitati da orari, regole di accesso, in presenza di altri defunti e famiglie. Spazi che poco si addicono ad un momento delicato e importante per tutti noi come il saluto al proprio caro.

Seppur in ospedale, siamo abituati a pensare alle camere mortuarie slegate dalle finalità terapeutiche di tutto il resto della struttura ospedaliera, aree in cui non si cura e non si guarisce, aree residuali destinate ad accogliere celebrazioni che coinvolgono la sfera emotiva e non la scienza medica, ad accogliere persone che vi convergono per finalità del tutto estranee alla cura. I comportamenti che vi si tengono seguono logiche diverse da quelle legate all’assunzione di cure, comportamenti che possono risultare perfino di disturbo verso le funzioni ospedaliere. Aree, quindi, che normalmente vengono tenute separate, funzionali alle operazioni da compiere, quasi che di fronte alla morte nulla possa recare sollievo e che sarebbe scandaloso concedersi gli agi, le gioie dei luoghi della vita. In molti casi le camere mortuarie ospedaliere costituiscono, invece, il luogo dell’elaborazione del lutto e del commiato, il luogo in cui si ha per la prima volta il contatto con la persona morta e l’ultima occasione per stargli accanto. Sono luoghi in cui si svolgono cerimonie religiose e si ricevono visite. Luoghi, quindi, che dovrebbero garantire la sfera privata/intima e quella sociale/pubblica.

 

Con questi presupposti – oltre alla progettazione interna delle nuove camere mortuarie anch’esse ispirate da una maggiore consapevolezza della delicatezza del momento – grazie al sostegno della Fondazione Ospedale Alba-Bra Onlus, con il contributo della Famiglia Ferrero –  è stato realizzato il “Giardino degli abbracci e del Commiato”, presso la Morgue (obitorio). Uno spazio verde, accogliente, per alleviare, almeno in parte, lo smarrimento delle persone che si troveranno in questa area dopo aver salutato per l’ultima volta un proprio caro. La progettazione è stata affidata ai professori Giulio Senes e Natalia Fumagalli, dell’Università degli Studi di Milano, tra i massimi esperti di giardini curativi in Italia.

“La recente pandemia da Covid ha ricordato a tutti noi come la morte sia un evento traumatico che merita di essere vissuto in un ambiente idoneo – spiega il Prof. Giulio Senes.  In tal senso, la Fondazione fin dall’inizio del progetto ha ritenuto di fondamentale importanza la realizzazione di un giardino dedicato, che potesse portare sollievo nel momento del passaggio di una persona amata. L’elemento chiave del progetto è il forte significato simbolico, che crescerà nel tempo e che si riflette anche nella scelta delle specie vegetali, oltre che dei materiali, delle forme e degli elementi di arredo”.

Il progetto del Giardino degli Abbracci e del Commiato prevede i seguenti elementi chiave:

  • presenza di due distinte aree circolari di sosta, una simboleggiante la terra (con al centro un “cerchio” fatto di erba e pietra) e una il cielo (con al centro un fontana circolare con acqua ferma che serve a “riflettere” il cielo soprastante);
  • presenza di una “soglia” simbolica del passaggio dalla terra al cielo (arco a metà del percorso);
  • presenza di un percorso, in allineamento con l’uscita della Morgue, di attraversamento del giardino, che partendo dalla “terra” attraversa l’arco di passaggio per giungere al “cielo”;
  • presenza di una zona isolata, raggiungibile con un percorso secondario segnato anche da un accenno di doppio filare, con una panchina che si affaccia sulla valle del Tanaro e fronteggia il borgo di Santa Vittoria;
  • presenza di siepi circolari a proteggere le aree di sosta (terra e cielo), per fornire una maggiore privacy;
  • orientamento delle aree di sosta pensato per consentire di vedere sempre l’uscita dalla morgue.

La proposta progettuale si sforza, in primo luogo, di garantire la sfera privata dei singoli e dei gruppi legati alla persona defunta attraverso spazi intimi all’aperto in grado di agevolare la condivisione dei sentimenti, che proteggano dalle dinamiche esterne e che contribuiscano ad allentare sensazioni opprimenti. Una serie di ambienti esterni privati flessibili, per consentire, soprattutto alle persone più vicine al defunto, che più a lungo sostano in questi ambienti, di mantenere un legame con lo scorrere del giorno. Spazi adeguati per vivere in libertà e senza interferenze il flusso dei sentimenti legati alla perdita.

Il Giardino degli Abbracci e del Commiato – come tutti gli Healing Gardens del nuovo Ospedale di Alba-Bra “Michele e Pietro Ferrero” – si inquadrano in un più ampio progetto che mira ad attuare nel concreto il “motto” della Fondazione Ospedale Alba-Bra: “la natura nell’ospedale, l’ospedale nella natura”. In tale ottica, per tutte le tipologie di aree, si è tenuto conto del quadro paesistico di riferimento, in modo che l’obiettivo di migliorare la qualità degli spazi di cura attraverso la realizzazione di nuovi interventi a verde tenesse conto non solo degli aspetti visuali, ma anche di quelli naturalistici, ecologici ed idrogeologici. Il tutto, avendo sempre in mente la sostenibilità economica e gestionale degli interventi proposti.

“Negli ultimi 20 anni, infatti, la ricerca, scientifica ha mostrato con evidenza crescente come il contatto con la natura contribuisca in maniera determinante e con risultati oggettivi al miglioramento della salute e del benessere degli esseri umani – dichiara Luciano Scalise, Direttore della Fondazione – In linea generale, gli healing gardens possono essere intesi come giardini dove gli utenti interagiscono con la natura in modo autonomo, secondo le loro preferenze (camminano, si siedono, parlano, guardano, ascoltano, si riposano, meditano, ecc.), traendone benefici “terapeutici” semplicemente dallo “stare nel giardino”; non è necessario alcun intervento attivo di un terapeuta. Chiaramente il giardino deve essere progettato in modo da incentivarne l’utilizzo e di favorire il contatto con la natura. Per questo la Fondazione ha deciso di realizzare healing gardens in grado di promuovere e supportare la salute e il benessere delle persone, al fine di garantire una migliore qualità dell’assistenza e della cura”.

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