Al via il nuovo Servizio di tutela dei minori delle Chiese piemontesi

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Questa volta si comincia senza essere spinti dall’emergenza. Il Servizio per la tutela dei minori diventa operativo in questo inizio d’anno, dopo essere stato avviato nelle diocesi del Piemonte la primavera scorsa e bloccato dall’emergenza sanitaria. Mons. Marco Brunetti, vescovo di Alba, è il delegato della Conferenza episcopale piemontese; don Alessandro Giraudo, cancelliere della diocesi di Torino, il coordinatore. Ogni diocesi ha già individuato il proprio referente: preti, diaconi e laici (uomini e donne) che collegheranno il Servizio regionale alle realtà locali.

«Tutela minori» è un tema scottante, di quelli che quasi sempre finiscono sui giornali, in tv e sui social: e, quando ci arrivano, diventa difficilissimo distinguere le verità e quasi impossibile tutelare realmente i minori nei loro diritti (compresi, appunto, quelli all’anonimato, all’accoglienza in realtà il più possibile serene, ecc.). Il Servizio delle Chiese piemontesi, collegato all’iniziativa assunta in ogni regione dalla Conferenza episcopale italiana, si propone tre obiettivi: prevenzione, formazione, eventuale intervento in situazioni difficili che possano presentarsi.

«Prevenzione e formazione – spiega mons. Brunetti – sono i due investimenti che la Chiesa intende portare avanti. In questo campo ci siamo trovati, in passato, di fronte a situazioni difficili che avevano origine anche dall’assenza di una formazione adeguata. Catechisti, insegnanti, gli stessi sacerdoti raramente hanno avuto occasioni per conoscere e approfondire i temi delle relazioni personali, soprattutto in rapporto a un contesto culturale e sociale in cui le sensibilità sono molto diverse da un passato anche recente. Nei rapporti educativi ci sono gesti e atteggiamenti che oggi vanno curati con grande attenzione e rispetto, adeguando anche i linguaggi». Allo stesso modo alcune scelte pastorali hanno bisogno di essere analizzate con un preciso sguardo critico, soprattutto per quanto riguarda l’accoglienza.

Lo strumento centrale del nuovo Servizio sarà il «Centro d’ascolto»: un numero telefonico prima di tutto, a cui rispenderanno persone qualificate, gestito da esperti volontari. L’idea è quella di raccogliere le segnalazioni, valutarle e indirizzarle all’ambito «giusto» per il problema segnalato. I referenti diocesani (che non fanno parte del Centro d’ascolto) sono i riferimenti nel proprio territorio e i consulenti dei Vescovi per tutti gli ambiti connessi alla tutela dei minori.

«Anche su questo punto bisogna essere molto chiari – dice ancora mons. Brunetti – Le situazioni di abuso, di violenza rimangono casi limite. Il primo lavoro del Servizio riguarda proprio la prevenzione: costruire negli operatori pastorali delle nostre diocesi un atteggiamento adeguato e consapevole di rispetto dei minori, delle situazioni di vita e delle sensibilità di oggi». Il ruolo del Servizio va dunque ad incrociare diversi ambiti della pastorale ordinaria, da quella familiare alla giovanile; e si propone di integrare conoscenze ed esperienze di tipo sociale, psicologico, pastorale e – se e dove necessario – legale. È un nodo in più in quella rete di competenze di cui la Chiesa deve comunque dotarsi, oggi, per continuare a svolgere la propria missione tra la gente, in contesti culturali ormai completamente diversi da quelli di un passato anche recente.

A supportare la preparazione del Servizio in Regione ci sono alcune indicazioni nazionali, elaborate dal Servizio della Cei, in particolare le «Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili». Questo e altri documenti si trovano in rete: https://tutelaminori.chiesacattolica.it/. L’intera struttura italiana sulla tutela dei minori ha origine in diversi interventi di papa Francesco, dove vengono ribadite, confermate e ampliate le linee già indicate da Giovanni Paolo II nel 2001 e da Benedetto XVI nel 2010.

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