Al Politeama va in scena “La tragédie de Carmen”

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BRA – Un femminicidio che risale all’Ottocento. Non solo, la prima eroina della lirica a finire uccisa in scena. Carmen, il personaggio nato dalla fantasia di Prosper Mérimée – che ispirò poi il compositore Bizet – è purtroppo figura ancora drammaticamente attuale. E offre lo spunto per una riflessione, in un momento in cui sono già oltre 90 le donne assassinate in Italia dall’inizio dell’anno, con le statistiche che ci pongono tra i primi posti in Europa in questa triste classifica.

 

Indomabile, coraggiosa, la zingara andalusa si professa dichiaratamente libera di amare, ma è conscia della tragica sorte a cui è destinato l’oiseau rebelle (come citato in una celebre aria): morirà, vittima di un delitto di genere e non passionale, rifiutando il ruolo assegnato alle donne da una morale bigotta e maschilista.

 

All’Opéra-Comique di Parigi, dove fu rappresentata per la prima volta il 3 marzo 1875, la Carmen fu una tempesta che gettò nell’imbarazzo gli spettatori benpensanti dell’epoca: veniva tirato per aria il sentimentalismo dei tradizionali libretti e dominava l’amore egoistico che, se non corrisposto, genera odio, violenza, morte. E il povero Bizet non vivrà abbastanza per assaporare il piacere del successo che seguirà più avanti.

 

Lo schiaffo alle convenzioni dell’opéra-comique si ripeterà poi – quasi 40 anni dopo – quando il regista inglese Peter Brook azzarderà con “La tragédie de Carmen” un’innovativa rilettura drammaturgica e musicale, assistito dal compositore Marius Constant e dallo sceneggiatore Jean-Claude Carrière. L’impresa lirica Francesco Tamagno ha puntato proprio su questa per proporre un ciclo di rappresentazioni a Savigliano (Teatro Milanollo, 1° dicembre, alle 20,45), Venaria (Concordia, 3 dicembre, alle 16) e Bra (Politeama, 6 dicembre, alle 21) nella nuova edizione del Circuito Lirico Piemontese. Nella locandina, la figura di Carmen è rappresentata da un’illustrazione di Elisa Seitzinger, che ha voluto metterne in mostra “il carattere spavaldo, seduttivo e seducente, molto emancipato per l’epoca”.

 

Brook non si limitò a una riduzione cameristica del lavoro di Bizet, modificando l’ordine di alcune arie e cancellando i cori, ma accelerò il ritmo del racconto, adeguando il tempo musicale e soprattutto puntò sulla dimensione intima delle relazioni tra i personaggi, concentrandosi su quattro di essi: Carmen, don José, Micaela e il torero Escamillo. In questo allestimento la regia di Alberto Barbi si rifà all’idea di spazio vuoto di Brook: il palcoscenico è una scatola dove contano solo i personaggi con le loro voci e con i loro drammi. Brook si prese pure qualche libertà nella trama, ripescando Garcìa, il marito di Carmen, presente in Mérimée e non più nell’opera: farà una brutta fine, così come il povero Escamillo, che era stato invece risparmiato dai librettisti di Bizet. Un trionfo di omicidi, proprio come piaceva tanto a Shakespeare.

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