Abet, si torna a trattare: in ballo il mantenimento dell’industria a Bra

0
173

Domani (martedì 5) un nuovo incontro, altri due in calendario poi per il 14 e il 20 febbraio tra azienda e sindacati sulla procedura di mobilità richiesta per 112 dipendenti di Abet Laminati. Il confronto entra nel vivo dopo che venerdì scorso, presente questa volta anche l’amministratore delegato Ettore Bandieri, il faccia a faccia con le parti sociali è durato da mattina a sera. «Costruttivo» l’ha definito alla fine una nota diffusa dalla ditta. «Dovrebbe aver contribuito – prosegue – a fare ulteriore chiarezza sui piani, i più importanti per investimenti degli ultimi 19 anni, con i quali intendiamo le complessità del momento guardando al prossimo futuro». Poi l’affondo: in gioco c’è il «ritrovare quelle condizioni di competitività che le consentano (all’impresa, ndr) di mantenere il presidio industriale a Bra». Dunque non sono “solo” le sorti dei 112 ma di tutti gli oltre 600 uomini e donne che sull’Abet nella nostra città ci campano, senza contare l’in­dotto.

Enrico Cabutto che era al tavolo per la Cgil: «Il piano industriale che finalmente ci è stato illustrato nella prima parte di questo incontro, lo hanno chiamato di sviluppo. Ma come si può accompagnare a licenziamenti e così tanti? Dicono di guardare al futuro ma un’operazione così lo nega. Restiamo distanti anche sulle esternalizzazioni (la cessione ad altri sog­­getti imprenditoriali di alcune parti della produzione Abet, ndr)». I sindacati hanno quindi proclamato nuovi scioperi a partire da oggi, lunedì 4, un’ora e mezza per ogni turno.

TENSIONE AL PRESIDIO

Giovedì al primo sciopero di questa vertenza i dipendenti avevano presidiato l’ingresso allo stabilimento di viale Industria. Ci sono stati momenti di tensione, urla e spintoni all’arrivo di Bandieri. Gli operai lo ritengono un “tagliatore di teste” e ricordano il suo recente passato al vertice della Mercatone Uno che gli è valso il coinvolgimento in un’in­­da­gine per bancarotta fraudolenta. Non si fidano di questa «nuo­­va dirigenza che sa nulla di Bra e troppo poco di Abet» – accusano. Sostengono che perfino l’investimento del nuovo capannone costruito in strada Falchetto per ospitare una linea di pressa e impregnatrice fenolica ad altissima capacità, sarebbe «un errore» strategico. «Chi oggi comanda qui dentro se l’è trovato in eredità, non sa bene cosa farne e il conto dei 30 milioni di euro che è costato lo vuole far pagare a noi, esternalizzandoci.Ovvero licenziarci per cederci a delle cooperative che ci abbasserebbero il salario e peggiorerebbero le condizioni di lavoro».Davanti ai cancelli facevano ancora notare: «Questa è un’azienda che non ha manodopera in esubero.Semmai, il contrario. Basti dire che si serve di 50 interinali e non di rado chiede a noi stra­ordi­nari per­­ché le commesse non mancano.La concorrenza dei Paesi emergenti? La si batte dando un prodotto di qualità, quello che noi sappiamo fare e loro no.Ce lo invidiano, va valorizzato anche mettendo a disposizione le giuste risorse per la manutenzione delle macchine, per evitare che debbano fermarsi troppo spesso e che ci siano scarti eccessivi». Riguardo all’altro fattore di crisi lamentato dalla controparte datoriale, per risparmiare sulla bolletta energetica i dipendenti propongono «di seguire l’esempio di tante altre fabbriche: installare fotovoltaico su tutti i tetti. Qua di pan­nelli solari non ce n’è nemmeno uno».

SOLIDARIETA’ UNANIME

Schierata con gli operai e gli impiegati che rischiano il posto, anche i 9 delle sedi commerciali di Roma e Reggio Emi­lia destinate alla chiusura, è tutta Bra.Il sindaco Bruna Sibille e i suoi assessori si sono recati al presidio per farsi «interpreti degli interessi e dei sentimenti della comunità», e­sprimendo solidarietà e chiedendo che «Abet ritiri le 112 mobilità».

BASTONE E CAROTA

Un’eventualità che il comunicato emesso venerdì sera dall’azienda sembra non prendere neppure in considerazione.Dicendosi «assolutamente consapevole della delicatezza e della complessità della situazione», la dirigenza di questo gruppo da circa 1.000 addetti e 190 milioni di fatturato ribadisce l’apertura al confronto ma puntualizza: «L’in­tenzione di Abet è quella di adottare tutte le misure e gli interventi che le permettano di garantirsi un futuro “com­peti­tivo” sul territorio, a tutela della sua storia, del contesto in cui ha sempre operato e di quei lavoratori che sino a oggi hanno contribuito ai suoi risultati e ancora saranno chiamati a farlo».

Si muove la politica a livello nazionale

Si muove anche la politica nazionale sul caso Abet. La settimana scorsa il senatore della Lega Giorgio Bergesio, ex sindaco di Cervere, ha presentato un’interrogazione a Palazzo Madama: chiede al Ministero dello Sviluppo Economico «quali iniziative abbia intenzione di adottare per attenuare l’impatto occupazionale di questa procedura di mobilità». Chiara Gribaudo, parlamentare cuneese del Pd, ha fatto lo stesso in commissione Lavoro alla Camera verso il ministro Luigi Di Maio: «Perché il governo si attivi presto per evitare i 112 licenziamenti alla storica fabbrica braidese».

ANCHE IL CENTRODESTRA E IL M5S SI SCHIERANO

Giovedì al presidio dei dipendenti dell’Abet in sciopero c’erano anche gli esponenti della lista civica di centrodestra “Bra Domani” Davide Tripodi e Sergio Panero. Abbiamo chiesto a Tripodi: il centrosinistra del sindaco Bruna Sibille si è schierato con i lavoratori, voi con chi state?«Non possiamo non schierarci dalla stessa parte.Speriamo che chi regge le sorti di quest’azienda, tassello fondamentale per l’economia di Bra e di tante famiglie, si metta una mano sulla coscienza».

Dichiaratamente a fianco dei lavoratori è anche il Movimento 5 Stelle Bra. Il capogruppo consiliare Claudio Allasia: «Attendiamo di capire bene le motivazioni di questa strana procedura di mobilità annunciata da Abet.Purtroppo o per fortuna, la vertenza diventerà di interesse nazionale perché sono coinvolte anche sedi fuori dalla nostra regione. Dopo aver chiesto all’Amministrazione civica di fare tutto quanto in suo potere, mi sono attivato presso i nostri parlamentari a Roma affinché sollecitino l’intervento del Mise», il Ministero dello Sviluppo Economico.

il candidato a sindaco del centrosinistra:

«Non lascerò soli questi lavoratori»

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Questa mattina (31 gennaio 2019) alle 7 mi sono recato insieme ai colleghi della Giunta ai cancelli della ditta Abet Laminati, per portare solidarietà ai lavoratori che hanno intrapreso uno sciopero di 8 ore per protestare contro l’annuncio della procedura di mobilità per 112 di loro. Sono stato molto impressionato dalla dignitosa compostezza di queste persone di fronte a un serio rischio occupazionale e dalle lucide argomentazioni che hanno portato ai responsabili aziendali. Oltre alla preoccupazione per il futuro, il loro cruccio rimane l’incapacità di comprendere perché una azienda che ha fatto la storia di Bra, con ampi spazi di mercato, pronta a grandi investimenti, minacci ora licenziamenti. A maggior ragione sapendo, come mi hanno raccontato, che loro stessi hanno collaborato attivamente alla crescita dell’azienda proponendo azioni di ottimizzazione sia dei tempi che dell’organizzazione del lavoro.

Il mio augurio e la mia speranza, è che la proprietà dia seguito a un dialogo realmente costruttivo con i rappresentanti dei lavoratori.

Me ne sono andato con un diffuso senso di malessere, pensando che mentre io tornavo in ufficio al lavoro lasciavo altri lavoratori al freddo e alla rabbia. Sono determinato a non lasciarli soli: come Amministrazione comunale saremo al loro fianco con impegno, perché la difesa del lavoro non è solo una preoccupazione dei lavoratori, ma di tutta la comunità cittadina.

Gianni Fogliato

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui