A chi munge serve vendere tre litri di latte per poter pagare un caffè

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Per poter pagare un caffè al bar gli allevatori italiani devono mungere tre litri di latte pagati solo qualche decina di centesimi alla stalla, ben al di sotto dei costi di produzione in forte aumento a causa dei rincari su alimentazione ed energia. E’ quanto è tornata a denunciare la Coldiretti. «Non si può aspettare oltre per fermare la speculazione in atto sul prezzo del latte alla stalla» – afferma il presidente Coldiretti Ettore Prandini, nel sottolineare che «a rischio c’è il futuro di 26mila allevamenti».

Essi rivendicano il diritto a un giusto compenso, che tenga conto dei costi di produzione sempre più alti, dalle bollette ai mangimi. Il latte a chi munge va pagato diversamente da oggi, considerato che gli aumenti vanno dal +70% per l’energia con picchi del 110% al +40% per i mangimi. Secondo l’indicatore sintetico Milk Feed, elaborato dall’Ismea, che confronta il prezzo del latte alla stalla con quello di un pasto tipo per le mucche composto da mais e farina di soia, nell’ultimo anno si è scesi sotto la soglia ritenuta “critica”, segnale della sofferenza degli allevamenti. Il costo medio di produzione del latte, fra energia e spese fisse, ha raggiunto i 46 centesimi al litro secondo l’ultima indagine Ismea, molto superiore rispetto ai 38 centesimi riconosciuti a una larga fascia di allevatori. Una crisi che colpisce un sistema che ogni giorno lavora per garantire una produzione nazionale che supera le 12 milioni di tonnellate all’anno, esprime un valore di oltre 16 miliardi di euro, gestisce circa 1,6 milioni di capi e occupa oltre 100.000 persone.  Le difficoltà dei produttori di latte sono peraltro la punta del­l’iceberg di una situazione di diffusa sofferenza dell’intero all’allevamento. Coinvolti anche i bovini da carne, gli ovicaprini, i suini e gli avicoli che devono affrontare anche le emergenze peste suina e influenza aviaria. «La stabilità della rete zootecnica ha un’importanza che non riguarda solo l’economia nazionale ma ha una rilevanza sociale e ambientale» – rileva ancora Prandini.

E sottolinea «quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per ricavare il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori situati spesso in zone svantaggiate, dall’interno alla montagna». Per evitare il crollo del sistema è necessario vigilare contro le pratiche commerciali sleali e fermare i contributi pubblici per aziende agroalimentari che pagano il latte sottocosto. Per questo viene richiesta una indagine dell’Autorità Ispettorato del Mipaaf su tutte le industrie e sulle catene della grande distribuzione, che stanno speculando sul prezzo del latte e degli altri prodotti caseari.

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