Io parlo, tu scrivi, essi urlano

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Avete certamente presente le pagine d’attualità dei maggiori siti internet. Sono un ottimo mezzo per sapere cosa succede nel mondo, praticamente in tempo reale. Tutti questi siti funzionano come un’agenzia: danno al lettore indicazioni essenziali, presentano i contorni di una notizia, cioè di un fatto nel suo contesto, ma poco o nulla di più. Astutamente l’approfondimento viene chiesto direttamente ai lettori, invitati ad inviare alla redazione un commento che troverà spazio accanto alla notizia. La tentazione di scendere in campo credo sia forte quanto la curiosità di scorrere la lunga teoria di commenti inviati dai lettori.

Il meccanismo è quello delle arachidi o delle ciliegie: se si comincia con una, ci si ferma solo per chiamare la guardia medica o perché si è dotati di una straordinaria forza di volontà. La prima cosa che impressiona è il numero, spesso sono centinaia i commenti espressi praticamente su ogni cosa. La seconda è la grammatica, del tutto estranea alla vicenda, la terza è il contenuto. In verità il contenuto dovrebbe precedere grammatica e sintassi ma, essendo penalizzato dalle carenze di queste, finisce per scalare di un posto, ma solo per problemi tecnici. Del resto la lingua è uno strumento che cambia.

Nel nostro caso è talmente cambiata che è diventata un’altra. Una volta tradotto un certo numero di opinioni si scopre con sorpresa che non si tratta di pensieri, ma di insulti, accidenti, maledizioni e minacce scambiate tra fazioni belligeranti. Cambiare canale servirà a poco: politica, sport, economia, cultura, cronaca sono solo il campo di battaglia scelto per un corpo a corpo verbale che con l’approfondimento non ha nulla a che vedere. Non si cerca un dialogo che porti un contributo: si vuole solo diventare parte di una parte e inforcare la baionetta. Poi si comprende che una morale si può trarre: quello è il Paese reale, una repubblica fondata sulla polemica dove la sovranità appartiene a chi grida più forte.

Beppe Malò

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