Allarme Coronavirus: le rassicurazioni della Asl Cn2 sulla situazione del virus sbarcato in Europa

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Nel momento in cui scriviamo questo articolo, i morti provocati dalla polmonite prodotta dal Coronavirus “2019 – nCoV” sono 81 e 2700 i casi confermati di contagio nella regione di Wuhan e nel Paese. Dopo gli Stati Uniti il virus ha raggiunto anche l’Europa con tre casi confermati in Francia, mentre non ci sono conferme per i casi sospetti segnalati a Parma e Bari. Le autorità sanitarie cinesi stanno offrendo la migliore collaborazione possibile all’Organizzazione Mondiale della Sanità e predisposto un cordone sanitario che monitora una popolazione di 41 milioni di abitanti. L’OMS ha fatto scattare in tutti gli aeroporti internazionali (e in Cina anche i voli interni) il protocollo internazionale di controllo per tutti i passeggeri in arrivo o in transito provenienti dalle province della Cina positive per la presenza del virus.

Torniamo al 2002, l’anno della Sars

Molti film si sono cimentati nell’immaginare – cito per tutto il filone “tragi-sanitario-fine del mondo” il gradevole “28 giorni dopo” girato da Danny Boyle proprio nel 2002 – come un virus sconosciuto e mortale potrebbe devastare il Pianeta grazie al tuttora carente arsenale di farmaci antivirali. Condizione che non basterebbe però a riportare il mondo al Medio Evo senza la concomitante peculiarità dei virus di cambiarsi i connotati spesso e volentieri, aggirando in questo modo il nostro sistema immunitario. La più efficace descrizione di un virus è quella di “una busta di cattive notizie protetta da un sottile involucro di proteine”. Ovvero una forma di vita così semplice da non potersi riprodurre senza un ospite, ma che fa della propria semplicità una formidabile arma di difesa. Tutti i virus, infatti, avendo un patrimonio genetico ridotto all’essenziale riescono facilmente a modificarlo secondo necessità o convenienza. Fuori dai laboratori di microbiologia il modo più facile perché un virus “animale” diventi “umano” è quello di un contatto molto stretto tra le due specie. Così come avvenne negli allevamenti intensivi della regione del Guangdong quando un altro Coronavirus, il Sars-Cov, spaventò il mondo con 900 morti e 30 Paesi contagiati. Nel 2002 e 2003 si parlò di pandemia e fu il virologo Zhong Nanshan a togliere le castagne dal fuoco alla Cina e forse al mondo intero. La Sars, una polmonite atipica come quella attualmente in evoluzione, venne ampiamente sottovalutata dalle autorità locali e poi, a buoi lontani dalla stalla, piuttosto tenuta sottotraccia per (in)comprensibili motivo d’orgoglio nazionale. In quell’occasione il virus “saltò” dagli zibetti all’uomo ma pur possedendo una mortalità del 7% dei casi fece gran danno anche a causa di condizioni di igiene e sanità piuttosto carenti, almeno sino all’aprile del 2003. Una volta ricondotti i buoi in cascina, Zhong Nanshan commentò “a che ci serve avere il Pil più grande del mondo se non riusciamo ad aiutare i nostri ammalati?”. Pare che le autorità cinesi abbiano fatto tesoro dell’ammonimento e oggi stanno collaborando senza reticenze con l’Oms e il CDC di Atlanta.

Non solo maiali ma anche dromedari

Il Coronavirus, camuffato da “MERS-CoV”, è tornato alla ribalta nel 2012 in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti in quanto responsabile della “Sindrome Respiratoria Medio Orientale”, anch’essa una polmonite atipica ad eziologia virale con prognosi molto severa. Si tratta di una malattia in evoluzione che è ancora oggetto di studio. L’ipotesi più attendibile è che il salto di specie sia avvenuto partendo da cammelli e dromedari pur con la possibilità che il virus abbia il suo serbatoio naturale in alcune famiglie di chirotteri.

Coronavirus? Chi era costui?

Si tratta di virus individuati per la prima volta negli anni sessanta. Il loro nome deriva dalla caratteristica forma “a corona” visibile al microscopio elettronico. Provocano infezioni respiratorie sia negli esseri umani, sia negli animali. Alcuni Coronavirus provocano banali riniti o lievi infezioni, altri sono responsabili di disturbi polmonari gravi, come nel caso della Sars, della Mers e dell’attuale 2019-nCov. Il focolaio d’infezione – quello dove è stato contagiato il “paziente zero” – è il Wuhan’s South China Seafood City market: molto di più di un pure enorme mercato del pesce di una megalopoli con 11 milioni di abitanti. Il mercato è una piccola città dove acquirenti, venditori e merci – tra cui un’enorme quantità di animali vivi – condividono spazi angusti e sovraffollati replicando le condizioni ottimali per il salto di specie: in questo caso sarebbero i serpenti (materia prima della cucina tradizionale cinese) il punto di contatto con l’ospite umano. Il contagio inter umano è certo e avviene attraverso le goccioline di Flugge espulse con la tosse che formano un aerosol contente i virus che resta in sospensione nell’aria.

Sarà la fine del mondo?

State tranquilli e sereni: il mondo non finirà e nulla fa pensare ad una possibile pandemia come accadde nel caso della Sars. Lo confermano anche le autorità sanitarie dell’Asl Cn2. «L’allarme è stato tempestivo e le misure di contenimento stanno funzionando bene, la Cina collabora e questo consente di fare le scelte migliori in fase di prevenzione. Al momento possiamo confermare che non ci sono particolari motivi d’allarme. Data la situazione consigliamo però di applicare con scrupolo le precauzioni utili al contenimento dell’influenza stagionale: evitare i luoghi molto affollati, rinnovare l’aria degli ambienti, tamponare gli starnuti con il fazzoletto, lavarsi e disinfettare spesso le mani». I controlli messi in atto ai viaggiatori che lasciano la Cina diretti in Europa sono molto rigorosi ed è pronto a scattare – in caso di sospetto – il trasporto sanitario in reparti d’isolamento ospedaliero per gli accertamenti necessari. Non sarà questo il microbo che ci farà fare la fine dei dinosauri. Bisogna però riflettere con umiltà sulle parole dello scienziato Zhong Nanshan. Siamo certi che la tecnologia, la scienza, il progresso, la ricchezza ci rendano invulnerabili. In realtà non è così. Basterebbe pensare al virus HIV e alla pandemia dell’influenza “Spagnola” prodotta dal virus H1N1 che dal 1918 al 1920 contagiò un miliardo di persone e ne uccise oltre 20 milioni.

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